Il Programma

rigenerare, innovare, curare, redistribuire

Orlando:

Il programma è un patto sacro vincolante

Al modello di governo di questi anni ne contrapponiamo uno radicalmente opposto, che sappia
costruire una Liguria nuova, che sia centrale nel dibattito nazionale ed europeo.

Vogliamo una Liguria che si prenda cura dei cittadini, di tutti: vecchi, giovani, nuovi, in difficoltà. Una Liguria produttiva, connessa, sostenibile ed ecologica. Una Liguria lungimirante, attrattiva e giusta. Una Liguria libera e trasparente.

La Liguria oggi.

Istantanea di una regione da rilanciare


La Liguria è una terra bellissima. Questa bellezza è frutto di un equilibrio faticosamente conquistato in un compromesso costante con la natura. È figlia del coraggio dei suoi abitanti che, di fronte a un territorio anche impervio e ostile, ne hanno saputo mettere a frutto ogni centimetro. La nostra è una Regione in cui la sfida è stata abitare il territorio e, al contempo, diventare uno degli assi portanti, a livello nazionale, della produzione e dell’innovazione.

Oggi però questa attitudine sembra dimenticata perché a questa “sfida comune” partecipano sempre meno persone. Sempre meno abitata e sempre più anziana, la nostra è una regione che vive una crisi demografica che non ha paragoni nel resto d’Europa, ed è l’unica regione del Nord che ha più pensionati che occupati. La sfida, pertanto, è quella di uno sviluppo sostenibile, che non si rassegni al consumo e all’impoverimento del territorio.

È una Regione fragile, perché sempre più fragili sono i liguri; perché sempre più difficile è esercitare diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti: curarsi, studiare, lavorare, avere accesso ai servizi, muoversi.

È difficile curarsi. La disastrosa gestione della Sanità di questi anni, che ha portato a un buco di bilancio strutturale di 230 milioni di euro, costringe un ligure su dieci a rinunciare alle cure. Mentre cala costantemente il personale sanitario e sono sempre di più i liguri che si spostano verso altre Regioni per curarsi, non è stato realizzato nessun nuovo ospedale tra quelli previsti negli ultimi due Piani Sanitari Regionali.

È difficile studiare. La ricchezza si riduce mentre aumentano gli indicatori di povertà educativa che sono la fotografia del declino economico del futuro. Esiste un preciso nesso causale, tra il crescente abbandono scolastico e il peggioramento complessivo della qualità dei salari, che evidenzia la necessità di ridare alla scuola un ruolo centrale nella crescita e nel miglioramento delle persone e della collettività .

È difficile pensare al proprio futuro. La Liguria è una regione in cui è difficile vivere e restare, fragile per le crescenti disuguaglianze economiche, che creano marginalità sociali. Il PIL pro capite è in costante declino rispetto al Nord del Paese e la distribuzione della ricchezza restituisce un quadro di enormi disuguaglianze generazionali e territoriali: se si esclude Genova, nelle provincie, è in forte diminuzione il reddito pro capite in rapporto a quello complessivo regionale. La povertà è diventata una delle condizioni possibili della normalità. Gli anni di governo della destra hanno condotto la nostra Regione ad essere quella con i più alti tassi di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nel Nord del Paese. Una Regione che sta diventando inospitale per i giovani, protagonisti di un’emigrazione strutturale, paragonabile a quella delle Regioni del meridione. Chi può, cerca futuro altrove, futuro sovente determinato dalle condizioni sociali e culturali di partenza. Una regione in cui crescono le solitudini, tra gli anziani e non solo, acuite ancora di più nelle aree interne.

La fragilità sociale riflette poi la fragilità dell’ambiente. Quella cura del territorio che era frutto del lavoro di intere comunità è tramontata con lo spopolamento dell’entroterra. L’abbandono delle campagne, il progressivo inurbamento e l’esplosione delle periferie, hanno avuto un impatto disastroso sul suolo della regione aggravando le problematiche idrogeologiche, impermeabilizzando i centri urbani dove si è assistito a edificazioni sui fiumi e in aree a rischio esondazione. Le politiche della destra, in questi anni, sono state caratterizzate dalla totale noncuranza per le fragilità sociali e territoriali.

Oggi la Liguria è una Regione frammentata, tra territori e generazioni. In questi anni, si è cristallizzata una distanza preoccupante tra centri urbani, costa e aree interne. Tre Ligurie, con necessità e problemi differenti che, da un lato, necessitano di politiche specifiche e diversificate; dall’altro devono necessariamente trovare nuove integrazioni, connessioni, alleanze.

Una Regione divisa, al proprio interno e verso il resto del Paese, che necessita di infrastrutture materiali e immateriali, digitali e fisiche. Nonostante la retorica del fare, i risultati della destra, anche sotto il profilo della realizzazione di infrastrutture strategiche, risultano pressoché nulli: lo si vede per lo scolmatore del Bisagno, per la Diga di Genova, per il Terzo Valico, per il raddoppio ferroviario del Ponente, per il Nodo Ferroviario Genovese, per il Tunnel Rapallo-Fontanabuona, per la Gronda, per la Pontremolese. Così come per la gestione delle manutenzioni, a partire dalla gestione dei cantieri autostradali, dove emerge un vuoto totale di programmazione.

La Liguria è sempre più periferica: anni di mancati obiettivi, scelte di chiusura e di mera conservazione e difesa di pochi interessi , stanno facendo perdere alla nostra regione le occasioni per coltivare la sua vocazione nazionale ed europea, nei rapporti con il Nord Ovest e nella sua dimensione mediterranea, a partire dalla sua centralità nella portualità e nella logistica.

Una regione la cui economia è sempre più stagnante: da regione a grande vocazione industriale la Liguria è diventata de-industriale, per la mancanza di politiche specifiche, a partire dalla mancata gestione delle grandi crisi. Le politiche pubbliche della destra hanno fortemente terziarizzato l’economia, ora poco dinamica e diversificata: occupazione e qualità della vita non vanno di pari passo, cresce il lavoro povero, si abbassa la qualità e la garanzia del lavoro. La Liguria è inoltre una delle regioni d’Europa più dipendenti dal gas per la produzione di elettricità ed è anche la regione con le emissioni più alte d’Italia per la generazione elettrica.

È necessario invertire la rotta rispetto a questi anni di governo che hanno indebolito la Liguria, creato disuguaglianze, minato il delicato equilibrio di un territorio prezioso: dobbiamo cogliere le sfide che abbiamo davanti trasformandole in obiettivi comuni, in opportunità di crescita per tutte e per tutti.

Vogliamo prenderci cura della nostra Regione per costruire una Liguria diversa.

Quattro sono gli approcci chiave per affrontare le sfide che la Regione oggi ci pone:


  • rigenerare
  • innovare
  • curare
  • redistribuire

Si tratta di azioni collegate tra loro, che sviluppano circoli virtuosi e che mirano innanzitutto a ricostruire la capacità dell’iniziativa pubblica di dare risposte ai cittadini, a rendere la Regione nuovamente capace di farsi interprete delle necessità dei suoi abitanti e regista attenta delle trasformazioni.

Rigenerare

La democrazia e il territorio: con le persone, per le persone Vogliamo una Liguria Democratica e solida, che garantisca quei diritti che consideriamo fondamentali per ogni cittadina e cittadino. La nostra Liguria è antifascista, orgogliosa della propria lotta di Resistenza, dove non troverà mai spazio il tentativo di riscrivere la storia ispirato da pulsioni nostalgiche, xenofobe e razziste. Non sarà ammesso il tentativo di negare il nesso inscindibile tra Resistenza, Repubblica e Costituzione, per legittimare un nuovo nazionalismo identitario.

Rigenerare significa investire nel futuro, costruire una Regione che risponda alle esigenze e alle aspirazioni di tutte e tutti, a cominciare dai giovani. Questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso un’analisi approfondita dell’emigrazione strutturale che segna il declino vertiginoso della demografia ligure.

Una regione senza persone è destinata a spegnersi: la prima rigenerazione è quella umana che si realizza attraverso la creazione di opportunità e sistemi di sicurezza e protezione economica e sociale.

È fondamentale che le politiche regionali pongano l’inversione di questo trend come priorità assoluta. Investiremo in maniera concreta per contrastare l’abbandono scolastico e potenziare il welfare universitario, inclusi alloggi e borse di studio. Ci impegneremo a costruire politiche per l’emancipazione abitativa dei giovani e a creare opportunità di lavoro di qualità e giustamente retribuito. Saremo promotori di politiche specifiche per il welfare dei giovani, per premiare il loro merito, dare loro opportunità e liberare la loro creatività. Saremo attuatori di una nuova legge sull’eredità di autonomia, per dare a tutte e tutti la possibilità di costruire la propria emancipazione.

Rigenerare significa conferire alla Regione un ruolo proattivo per guidare lo sviluppo attraverso pratiche trasparenti, democratiche e inclusive. Significa superare la settorializzazione e creare politiche capaci di gestire la complessità alleggerendo la burocrazia.

Rigenerare le città e il territorio è un imperativo che può guidarci alla realizzazione di un nuovo modello di sviluppo.

La rigenerazione urbana non è una nuova categoria di intervento edilizio, ma un progetto politico che si assume la responsabilità di migliorare le condizioni di convivenza e della qualità degli ambienti di vita. Rigenerare significa ripensare gli spazi dal punto di vista delle persone che li devono vivere, non dal punto di vista del capitale speculativo e delle sue rendite. Rigenerare significa guadagnare spazio senza consumare l’ambiente.

Rigenerare il territorio significa investire in prevenzione rispetto alla difesa dagli eventi climatici estremi, sempre più frequenti, a partire dall’attuazione di un vero piano di contrasto al dissesto idrogeologico, che necessita di una nuova strategia integrata d’intervento: costituiremo un soggetto dedicato (Agenzia o Struttura di Missione) che abbia il compito di coordinare, progettare e intervenire, in una logica strategica, con interventi di mitigazione del rischio e di prevenzione. La struttura avrà un ruolo proattivo, non solo reattivo, di coordinamento puntuale, con un dialogo costante con i Comuni, specie quelli che per ragioni di dimensione, posizione geografica o densità abitativa, si trovano sovente nelle difficoltà burocratiche e operative e necessitano di sostegno e coordinamento nella progettazione degli interventi di contrasto al dissesto.

Rigenerare significa ripopolare in modo equilibrato il territorio che viene abbandonato.

Innovare

Nuovi e coraggiosi percorsi

Tutto in Liguria ha bisogno di innovazione: gli approcci, gli strumenti e le pratiche.

Innovare significa investire coraggiosamente sul futuro, sull’impresa giovanile, investendo su un modo sostenibile di fare industria e impresa. Significa dotarsi di nuovi strumenti, snelli, calibrati sulle effettive esigenze dei territori: ad esempio ricostituendo la positiva esperienza, abbandonata dalla destra, di un’Agenzia regionale per la coesione territoriale. Innovare significa invertire la rotta di questi anni, investendo su ricerca e sviluppo, sulla scuola e sulla formazione continua, poiché senza conoscenza e cultura non c’è democrazia, né possibilità di futuro.

Innovare è intraprendere il processo di transizione ecologica, facendo in modo che non lasci indietro nessuno, tutelando il lavoro e le persone. Innovare significa connettere i luoghi, i territori, le persone e le idee. Significa coinvolgere tutte e tutti nei benefici della transizione, riconvertendo le professionalità, rigenerando il sistema produttivo e la politiche di programmazione premiando la ricerca e le competenze.

Curare

Le persone, le relazioni e il territorio

Prendersi cura significa mettere al centro la salute e il benessere delle persone e degli ecosistemi rifondando le politiche sanitarie, quelle di assistenza per la terza età e la non autosufficienza, quelle educative per i bambini; significa attuare politiche di prevenzione per la sicurezza urbana ed ambientale e nei luoghi di lavoro, politiche di sostegno per l’abitare, significa favorire il dialogo interistituzionale e la partecipazione affinché la Liguria sia una regione in cui orgogliosamente tutte e tutti i suoi abitanti si riconoscano.

Prendersi cura significa valorizzare l’offerta culturale e garantire allo sport strutture e condizioni adeguate perchè la cultura e lo sport sono motori di uguaglianza e di dialogo tra le persone.

Redistribuire

Le opportunità, le risorse

Redistribuire significa che della crescita deve beneficiare la società nel suo complesso, soprattutto chi ne ha più bisogno, con welfare, servizi e politiche di sostegno. Dovremo creare uguaglianza sostanziale attraverso un nuovo modo di intendere i servizi: accessibile e universale, contro le disuguaglianze sociali; innovativo, contro le disuguaglianze di genere; capillare, contro le discriminazioni territoriali.

Significa che tutte e tutti possano avere accesso ai servizi essenziali.

La nostra visione infatti risponde ad una semplice domanda, la più importante: Quale Liguria vogliamo nel 2030?

Il nostro modello


Al modello di governo di questi anni ne contrapponiamo uno radicalmente opposto, che sappia costruire una Liguria unita, rigenerata, innovativa ed equa, che sia centrale nel dibattito nazionale ed europeo.

Vogliamo una Liguria produttiva, promotrice di una reindustrializzazione sostenibile, perché solo l’innovazione – digitale e sociale – crea imprese e lavoro ad alto valore aggiunto. Una regione capace di offrire opportunità di lavoro diversificate, green jobs, che garantisca il salario minimo e incentivi i giovani a rimanere.

Vogliamo una Liguria connessa, dove il diritto alla mobilità e alla piena accessibilità sia garantito a tutte e a tutti superando con soluzioni intermodali ed innovative le criticità geomorfologiche. Un Regione che sappia costruire le infrastrutture strategiche, necessarie a uscire dall’isolamento, a crescere, a creare sinergie; che sappia colmare distanze tra le tre Ligurie (costa, entroterra e città) perché tornino ad essere un unico corpo sinergico in piena osmosi con il mare, orizzonte connesso al resto del Mediterraneo.

Vogliamo una Liguria sostenibile ed ecologica, che investa fortemente sulle fonti rinnovabili, che sappia fare della transizione ecologica ed energetica un volano di sviluppo e innovazione, di creazione di nuovi posti di lavoro e di benessere. Una Liguria che torni a prendersi cura dei propri versanti, dei fiumi e della costa tramite una cura attiva e preventiva e non solo gestendo le emergenze. Una Liguria che promuova i parchi e le aree verdi e protette, le comunità energetiche e che sostenga un’economia circolare capace di convertire le criticità in opportunità.

Vogliamo una Liguria lungimirante, che punti sul buongoverno dei fenomeni di carattere strutturale, uscendo dalla logica emergenziale; che risponda alle esigenze e alle aspirazioni dei giovani liguri; che metta al centro la scuola e la formazione accessibile a tutte e tutti; che sappia essere collettore d’innovazione, valorizzando l’Università e la ricerca. Che sappia mettere a sistema centri urbani, costa e aree interne, con un poderoso investimento su quest’ultime in termini di servizi territoriali: a partire dall’insediamento di servizi, dalla costruzione di scuole all’avanguardia, dalla diffusione della banda larga, anche quando questi interventi non risultino immediatamente giustificati dai numeri della demografia, per invertire il trend di spopolamento dell’entroterra, assieme a politiche di incentivazione economica. Questo tipo di politiche lungimiranti, che si attuano oggi per durare nel tempo e costruire il futuro, condurrebbero all’immediato beneficio della cura del territorio montano e interno, ma costituirebbero anche un primo passo per meglio ridisegnare la distribuzione del carico insediativo a fronte di un’urbanizzazione selvaggia e insostenibile della linea di costa.

Vogliamo una Liguria attrattiva nel rispetto del suo paesaggio e del suo patrimonio storico e culturale, capace di offrire esperienze nuove e diverse e di scongiurare massificazione e overtourism che sono modelli che depauperano invece di creare valore.

Vogliamo una Liguria giusta, dove tutti e tutti possano accedere a quei servizi e quelle attività che compongono i diritti di cittadinanza: una casa dignitosa, la mobilità, sportelli assistiti per le pratiche digitali, servizi per l’infanzia, servizi di igiene ambientale, spazi pubblici, spazi verdi, impianti sportivi, strutture ricreative, acqua ed energia efficienti a prezzi accessibili. La nostra Regione sarà solidale con gli animali, non solo promuovendo assistenza materiale, ma anche la lotta al randagismo, all’abbandono e al traffico di animali. Sarà importante dare centralità alle associazioni per la tutela e 10

il benessere degli animali che operano sul territorio, ristabilendone la partecipazione all’Osservatorio regionale previsto dalla L.R. n. 23/2000, dal quale, in questi anni, sono state estromesse.

Vogliamo una Liguria libera, che non lasci indietro nessuno e dove non ci sia spazio per la discriminazione. Una regione che rafforzi la tutela dei diritti delle persone LGBTQIA+ e promuova la parità e la piena inclusione di tutte le persone; che attui politiche specifiche contro le disuguaglianze di genere; accogliente verso le popolazioni oppresse e vulnerabili, con attenzione ai paesi interessati dai flussi migratori; aperta al dialogo tra istituzioni, con i comuni, le realtà cittadine ed enti regionali del Terzo Settore, per la programmazione partecipata e la rendicontazione trasparente. Riprenderemo il percorso virtuoso nella cooperazione internazionale decentrata, interrotto dal 2014, promuovendo una cultura di pace, di tutela dei diritti umani, civili e sociali, e di educazione alla mondialità.

Per fare questo è necessario un modello di governo trasparente, che sappia fare della partecipazione popolare e delle forze sociali il proprio tratto distintivo, per azioni politiche e amministrative giuste ed efficienti. Le istituzioni sono al tempo protagoniste e custodi della democrazia, la cui cifra essenziale risiede proprio nel conferire dignità e valore alla diversità di posizioni, nell’organizzazione sussidiaria, nella cooperazione interistituzionale. La trasparenza, la chiarezza, la tracciabilità delle scelte e la partecipazione troveranno uno strumento fondamentale nel bilancio che deve essere una fotografia cristallina dell’azione dell’amministrazione. Per questo la Regione sperimenterà il bilancio partecipativo che permetterà ai cittadini di concorrere, in un percorso condiviso e aperto, a scelte sull’utilizzo di risorse pubbliche e di incidere così direttamente sulla qualità della vita di tutti i giorni. La partecipazione diventa così vivo e reale strumento di conoscenza, di democrazia, di buon governo e di innovazione. Il bilancio può e deve diventare uno potente strumento di crescita anche attraverso una programmazione funzionale al migliore utilizzo delle risorse europee in tutti i molteplici campi nei quali è possibile accedere e usarle. Per accrescere le risorse e gli strumenti in una visione partecipativa e di sinergia con il territorio e le sue potenzialità saranno sperimentati nuovi strumenti anche di partnership tra pubblici e privati. La nostra sarà una Regione che promuove la cultura della legalità e combatte la criminalità organizzata e i reticoli corruttivi che ne sono complemento e che costituiscono il più ingiusto dei costi a carico di una collettività.

Il fallimento del modello Toti si evince plasticamente dagli effetti del suo governo sulla sanità ligure, sia dal punto di vista della governance, che dell’organizzazione ospedaliera e territoriale.

Alla mancanza di risorse del Fondo Sanitario Nazionale rispetto al soddisfacimento delle esigenze dei Sistemi Sanitari Regionali, si è aggiunta una gestione disastrosa a livello locale.

Le politiche della destra hanno portato alla sostanziale negazione del diritto fondamentale a curarsi in un momento di transizione epidemiologica e demografica, caratterizzato da un costante incremento delle cronicità (che interessano oltre il 40% della popolazione, con un’incidenza di oltre il 70% sulla spesa sanitaria). È costante il calo del personale sanitario, con dati superiori alla media nazionale mentre sempre più liguri decidono di farsi curare fuori regione: il costo della mobilità passiva è di 99 milioni sulle casse pubbliche nel 2023, 5 milioni in più rispetto al 2022, peggior deficit del Nord. Secondo il report di Agenas, infatti, la Liguria è la prima regione del Nord e la sesta nella classifica nazionale con il saldo negativo peggiore per le fughe dei pazienti in Lombardia, Piemonte e Toscana. Fughe fuori regione che riguardano perlopiù operazioni di bassa o media complessità, che le competenze presenti nella sanità ligure sarebbero perfettamente in grado di compiere. Cresce anche il disavanzo strutturale dei conti economici della sanità, con oltre 200 milioni di disavanzo, senza che a questo corrisponda un miglioramento dei servizi. Nonostante la nostra Regione abbia una spesa sanitaria pro capite tra le più alte d’Italia (più di Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia), la Liguria ha uno dei punteggi più bassi nel rapporto della Corte dei Conti, che raffronta spesa e qualità della performance (liste d’attesa e garanzia dei LEA).

Il fallimento delle politiche di destra non si misura solo su personale e servizi, ma anche sull’edilizia sanitaria e sul sistema di governance regionale della sanità. Non è stato realizzato, infatti, nessuno dei nuovi poli ospedalieri previsti negli ultimi Piani Sociosanitari Regionali e la complessiva regia di ALISA si è dimostrata carente sotto il profilo della programmazione, del controllo, della gestione delle assunzioni e dei fabbisogni e priva di una reale politica di integrazione sociosanitaria. L’impostazione di ALISA ha, inoltre, contribuito ad acuire le disuguaglianze territoriali, favorendo l’emersione di fenomeni di desertificazione sanitaria, soprattutto nelle aree interne e nei piccoli centri.

Le politiche di questi anni hanno creato un nucleo di sostituzione tra il sistema sanitario pubblico e quello privato, che ha drenato competenze e capacità dal pubblico. Noi siamo totalmente contrari a questa formula del “privato sostitutivo” del pubblico, che mina le fondamenta dell’universalismo del sistema sanitario previsto dalla nostra Costituzione. È, quindi, fondamentale un rafforzamento della sanità pubblica, intervenendo, anzitutto, per bloccare l’emorragia di personale medico e sanitario, riavvicinandoci progressivamente agli organici regolamentari previsti. Per il raggiungimento di questo obiettivo è necessario, innanzitutto, lavorare sulla corretta applicazione dei contratti collettivi nazionali, per conferire il giusto riconoscimento salariale agli operatori del settore pubblico valorizzando le voci del sistema premiante: prestazioni aggiuntive, raggiungimento obiettivi e alta specializzazione. È urgente costruire migliori condizioni di lavoro nel contesto del servizio sanitario pubblico, con una seria programmazione di investimenti per migliorare le condizioni materiali e organizzative delle strutture. È, inoltre, fondamentale migliorare le condizioni materiali degli operatori sanitari e delle operatrici sanitarie, intervenendo sul welfare complessivo e rilanciando l’attrattività della nostra Regione per le assunzioni di personale nel sistema pubblico: interverremo sulla questione abitativa sperimentando un calmiere delle locazioni per infermieri ed OSS, perché il caro affitti non può e non deve essere motivo ostativo all’accettazione di un posto di lavoro.

Dobbiamo riportare la Liguria nel solco della costituzionalità, attraverso una profonda riforma del sistema che garantisca una sanità pubblica, equa, solidale e universalistica per tutte e tutti. Occorre operare un cambio di paradigma, che nel rafforzamento del sistema pubblico sappia coniugare sociale e sanitario, mettendo al centro la presa in cura della persona, specie nei casi di cronicità, e non solo la prestazione tecnica per affrontare la malattia.

Da qui occorre superare l’attuale governance, abolendo l’Azienda Ligure Sanitaria, riportando le sue professionalità in un’ottica di rafforzamento del Dipartimento Salute e le ASL che deve tornare ad avere la titolarità di iniziative di programmazione in capo al Dipartimento Salute. Nella riforma della governance, va restituita maggiore capacità di compartecipazione ai Comuni e alle Comunità tramite le Conferenze dei Sindaci e altre forme di democrazia sanitaria. È necessario lavorare in ottica di integrazione socio sanitaria, superando l’attuale bipartizione della pianificazione per costruire un nuovo Piano Sociale-Sanitario Integrato: in tal modo si favoriranno la co-progettazione e co-programmazione con gli enti del Terzo Settore, migliorando concretamente i percorsi di presa in carico e di assistenza. Dobbiamo costruire un’idea di nuovo welfare, che è anche educativa: l’istituzione ha il compito di riconnettere e costruire, nell’integrazione socio-sanitaria-educativa, la comunità a livello territoriale. Sarà nostra priorità investire nell’edilizia sanitaria: sull’ammodernamento delle strutture esistenti e sulla costruzione di nuovi ospedali, all’avanguardia sotto il profilo infrastrutturale e tecnico, nelle forme che maggiormente valorizzino il rafforzamento della sanità pubblica, a partire dal Felettino, dall’Ospedale del Ponente agli Erzelli, dal nuovo ospedale di Arma di Taggia.

Nella nostra visione, il principio di universalità del servizio sanitario, contenuto nell’art. 32 della Costituzione, si esprime prioritariamente in iniziative proattive che garantiscano il rispetto su tutto il territorio dei Livelli Essenziali di Assistenza, muovendo da un’azione straordinaria rivolta ai soggetti che rinunciano alle cure, oltre il 10%, secondo gli ultimi dati ISTAT.

È urgente riconoscere centralità nella programmazione e nel finanziamento della prevenzione in tutte le sue accezioni e articolazioni, con particolare riferimento alla sicurezza sui luoghi di lavoro, rafforzando il collegamento con l’assistenza distrettuale e la medicina territoriale e investendo sulla c.d. medicina d’iniziativa (screening, prevenzione primaria nelle scuole e nei luoghi di sport e socialità).

È fondamentale promuovere – con investimenti e personale – un sistema capillare di medicina del territorio, per riportare ad unità i servizi territoriali, per garantire prossimità alla persona e alla comunità, ricomporre la continuità tra prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, – in una logica di rete adatta ad ogni contesto – costituita con il protagonismo attivo degli enti locali e dei professionisti, con modalità adatte anche alla profonda differenziazione demografica e di bisogni della popolazione e dei territori. Per dare attuazione alla medicina di prossimità, occorre investire nella telemedicina e dare reale attuazione al ruolo delle nuove Case di Comunità, con un confronto più attivo con Distretti e il territorio. Queste dovranno essere veri e propri point of care, dotati di ecografi e macchine adeguate ad espletare accertamenti di base. Nell’ottica di una sanità di prossimità, territoriale e accessibile, sarà fondamentale la sinergia tra rete territoriale, medici di medicina generale e farmacie, presidio sanitario importantissimo per la sua capillarità.

Nelle nuove Case di Comunità, dovrà trovare realizzazione l’idea di integrazione sociosanitaria, configurando un centro di presa in cura olistica dei soggetti, cui corrisponda la coesistenza di diverse competenze, compresi gli assistenti sociali. È necessario intervenire sulle cause strutturali della inaccettabile lunghezza delle liste d’attesa, adottando un nuovo Piano Regionale di Governo delle Liste d’Attesa, superando l’attuale regime di equivalenza/competizione tra gli erogatori 14

pubblici e privati convenzionati, che penalizza il pubblico. Occorre una reale e seria programmazione pubblica regionale quinquennale, che possa ridurre già dal primo anno di governo le liste d’attesa del 15-20%, efficientando il sistema e rafforzando il pubblico. Un piano strutturato secondo i bisogni di salute della popolazione, individuati assieme agli studi di carattere epidemiologico, assenti da un decennio, sostenendo soluzioni di migliore utilizzo degli attuali erogatori pubblici per ridurre i tempi e prevedere risorse per assunzioni dedicate a tal fine.

Per far fronte alla vera e propria “emergenza del personale”, occorre prevedere la costituzione di un Piano dei fabbisogni del Personale, assente nell’attuale PSR. Una carenza che, assieme ai vincoli per le assunzioni e i ritardi, rende la politica per il personale frammentaria, disomogenea su base territoriale e aziendale, in costante condizione di emergenza e di deroga. Il personale sanitario ha mantenuto in piedi la sanità in questi anni: servono misure specifiche per la qualità del loro lavoro, per contrastare i fenomeni di stress e di burnout, e iniziative di tutela del personale sanitario, anche dal punto di vista della sicurezza dei pronto soccorso, con l’estensione h 24 delle misure di controllo e sorveglianza.

Sull’emergente tema della salute mentale è prioritario estendere, per metodologia e contenuti, l’esperienza del Patto per la Salute Mentale in ogni ASL, al fine di attivare percorsi e relazioni.

Occorre dare piena attuazione alla nuova figura dello Psicologo territoriale, inserito nelle case di Comunità, attivandolo già in ogni distretto. È necessario rivisitare filiere residenziali, con investimenti mirati su servizi e strutture “leggere” rivolte a persone con disabilità psichiatriche e famiglie. Per quanto riguarda la psichiatria, va istituito, all’interno della nuova programmazione, l’Osservatorio sulle Malattie Psichiatriche, assieme ad una nuova strategia di rete per qualsiasi disagio psichiatrico con strutture anche d’urgenza e di ricovero. Occorre risolvere in maniera strutturale, il tema delle liste d’attesa per la neuropsichiatria infantile, attraverso una task force regionale ad hoc, così come affrontare il tema dei nuovi bisogni e delle nuove patologie dell’età evolutiva, in forte crescita, a partire dai Disturbi dei comportamenti alimentari e delle nuove dipendenze.

Sarà fondamentale alleggerire la burocrazia, innovando, digitalizzando e semplificando le procedure, ad esempio prevedendo la possibilità per le strutture diagnostiche – previo consenso informato del paziente – di inviare direttamente, in forma digitalizzata, al medico di medicina generale il risultato degli esami diagnostici.

I consultori devono essere riaffermati come spazio pubblico in grado di sviluppare servizi rivolti al singolo, alla coppia, alle famiglie, alle comunità, in una logica di presidio socio-sanitario territoriale.

Non deve trovare applicazione la facoltà di avere la presenza di associazioni pro-life all’interno di tali spazi, come previsto da una norma nazionale, ma invece va promossa sempre più la presenza di operatori qualificati e occorre garantire omogeneità nei servizi resi, non solo per l’ambito sanitario, ma anche per quello psicologico. Centrale, in tal senso, sarà l’attuazione della medicina di genere, per garantire la cura migliore per donne e uomini e persone di altra identità sessuale o di genere, organizzando ovunque un sistema sanitario territoriale integrato con gli altri servizi essenziali. In particolare occorre potenziare la prevenzione a misura di donna che riguarda le patologie a più alto impatto sulla salute della popolazione femminile e il controllo dei fattori di rischio specifici tra cui la violenza contro le donne ed il burnout da doppi carichi di lavoro. Vanno per questo rilanciate, attraverso i Consultori, attività rivolte alle donne in tutti i servizi ospedalieri e territoriali. Devono essere resi più sicuri e certi i percorsi per l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza e rispettosi delle scelte delle donne, anche garantendo la possibilità di fruire del regime ambulatoriale per l’interruzione di gravidanza farmacologica.

Industria e impresa innovativa, Lavoro, Formazione professionale, Fondi europei e PNRR, Commercio, Agricoltura, Turismo


Industria

Il modello di sviluppo deve porre al centro la crescita industriale della regione. Nonostante l’obiettivo sia complesso, la Liguria deve ridefinirsi come una grande e moderna regione industriale, sfruttando anche le nuove opportunità offerte dall’accorciamento delle catene globali del valore e da possibili fenomeni di reshoring. Lo sfruttamento di tali opportunità richiede una regione pronta ad accogliere nuovi investimenti, in termini di disponibilità di aree, infrastrutture competenze, centri di ricerca, parchi tecnologici, filiere produttive già esistenti, il cui operare sinergico può contribuire a generare un percorso virtuoso di innovazione, crescita della produttività, creazione di buoni posti di lavoro ed inversione del declino demografico

È una scommessa impegnativa ma l’alternativa è un lento e inesorabile declino, che l’amministrazione regionale uscente -così impegnata a conservare l’esistente – non è riuscita neppure a scalfire, come dimostrano tutte le statistiche su popolazione, produttività, e PIL pro capite.

La reindustrializzazione sostenibile della regione deve sostanziarsi nella rivitalizzazione del tessuto manifatturiero e dei servizi ad elevata intensità di conoscenza e tecnologia. Su questi comparti occorre concentrare la politica industriale regionale, che deve pertanto fuoriuscire da schemi di interventi a pioggia, che si sa essere fondamentalmente inutili, se non addirittura dannosi per la vitalità e la dinamicità del tessuto imprenditoriale. Occorre invece focalizzare gli interventi, prevalentemente a favore delle PMI “giovani”, su Ricerca & Sviluppo, digitalizzazione, transizione ecologica, servizi alle imprese e formazione, tutte componenti di una moderna politica industriale.

Queste linee di intervento devono concorrere congiuntamente, e in modo coordinato, a definire la politica industriale della regione, al fine di massimizzare le ricadute positive degli interventi pubblici sul tessuto economico locale. Una politica industriale che sia inserita in una economia di mercato aperta, concorrenziale e dinamica, e che intervenga seguendo gli esempi di best practice riconosciute a livello nazionale ed internazionale, che abbia chiari il suo ruolo, le motivazioni dell’intervento pubblico, gli attori coinvolti, e le modalità di azione e di verifica dei risultati.

La politica industriale, così intesa, deve essere necessariamente adattata alla multiforme realtà regionale, evitando approcci del tipo “one size fits all”, pericolosi e comunque poco efficaci in una regione profondamente eterogenea come la Liguria, caratterizzata da aree locali con profonde differenze in termini di “storia industriale”, tipologie di professionalità esistenti, produttività, disponibilità di aree per insediamenti produttivi, presenza adeguata di centri di ricerca e di infrastrutture (non solo trasportistiche), e che quindi richiedono anche politiche industriali specifiche.

Sarà poi necessario, più che in passato, favorire una maggior coerenza e coordinazione tra la programmazione ordinaria dei fondi europei, il PNRR, e il fondo europeo per gli investimenti, ma anche promuovere forme originali di collaborazione territoriale con le principali aree metropolitane del Nord-Ovest, in un rinnovato triangolo industriale.

Un impegno particolarea ndrà rivolto alla promozione della crescita dimensionale delle PMI, particolarmente quelle innovative, garantendo snellezza, trasparenza e, soprattutto, prevedibilità e stabilità agli interventi di politica industriale. La Liguria è una delle ultime regioni nel Paese per presenza di start up e di PMI innovative, in parte per il tipo di specializzazione produttiva, ma anche per le scarse attenzioni rivolte dalla politica locale al tema. Al riguardo, predisporremo un sistema di agevolazioni fiscali per attrarre investimenti in startup e PMI innovative e miglioreremo l’accesso al credito per le nuove imprese attraverso un fondo dedicato. Verranno, altresì, promosse linee di intervento a favore dell’orientamento all’imprenditorialità e alla formazione dei giovani imprenditori (ad esempio creando maggiore connessione tra l’offerta formativa degli ITS, dell’Università e il Catalogo di formazione regionale), promuovendo il trasferimento tecnologico, predisponendo strumenti che facilitino il networking (anche tramite la creazione di eventi vetrina per le startup e PMI innovative del territorio per farle conoscere nella regione e al di fuori di essa), fornendo incentivi alle fusioni e alla brevettazione, oltre a promuovere azioni per lo sviluppo del venture capital e per la promozione dei risultati della ricerca di base e applicata degli enti di ricerca e delle PMI liguri, favorendone l’accesso ai centri di calcolo pubblici e privati, promuovendo le interazioni e le sinergie tra le eccellenze della ricerca esistenti in regione e i comparti dove la regione stessa gode di vantaggi competitivi. Sarà necessario al riguardo fare leva sulle strutture e gli attori già esistenti come gli incubatori certificati (Wylab, D3AI, Bio4drems), le infrastrutture regionali di incubazione Filse BIC e l’Hub for Entrepreneurship (H4E), oltre ovviamente favorire il decollo definitivo del Parco Tecnologico degli Erzelli, che già ospita circa 2000 lavoratori, tra scienziati, ricercatori e tecnici. La sfida è rilanciare l’innovazione, attrarre e mantenere in Liguria i giovani, che a loro volta, in un circolo virtuoso, potranno contribuire alla creazione di nuove imprese innovative e buoni posti di lavoro.

Elemento importante della nuova politica industriale regionale sarà rivestito dal tema delle politiche energetiche. Per le aziende ad alto consumo energetico la competitività, e di conseguenza la capacità di produrre e mantenere occupazione qualificata, dipendono in maniera determinante dai costi dell’energia. In un momento di transizione, in cui il sistema energetico nazionale si assesta su un binomio energie rinnovabili e gas, con quest’ultimo in contrazione, la ridotta penetrazione delle energie rinnovabili sul territorio regionale costituisce di per sé un punto di debolezza di tutto il tessuto economico produttivo ligure. Esistono infatti nel territorio ligure diversi comparti altamente innovativi che riescono a creare buoni posti di lavoro (si pensi, ad esempio, al settore del vetro) che sono però utilizzatori intensivi di energia e che quindi soffrono non solo per gli elevati prezzi ma anche a causa delle ricorrenti interruzioni di fornitura. Insieme a un rinnovato piano energetico regionale, un ulteriore passo necessario sarà costituito della definizione delle aree idonee e della semplificazione delle procedure autorizzative regionali per l’istallazione delle energie verdi. La regione dovrà al riguardo impegnarsi a promuovere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nelle quali oggi la Liguria sconta un pesante ritardo nonostante alcune sue aree possano godere di vantaggi comparati (ore di sole; presenza del mare, fonte di energia termica e meccanica).

Sempre nell’ottica di incentivare l’innovazione in ambito industriale andando verso un modello di economia a minor impatto ambientale, è importante incentivare la creazione di simbiosi industriali, ovvero l’interazione tra diversi stabilimenti industriali, raggruppati in distretti o a distanza utile per rendere fattibile l’operazione, utilizzata al fine di massimizzare il riutilizzo di risorse, normalmente considerate scarti e ottimizzando la conoscenza e le competenze tra aziende. Verranno quindi incentivate collaborazioni tra industrie diverse che promuovano l’utilizzo degli scarti produttivi di una come input per il processo produttivo dell’altra, la condivisione delle infrastrutture e dei servizi come ad esempio i sistemi di fornitura di acqua, energia o calore o impianti di trattamento delle acque reflue, così come la condivisione di servizi accessori e servizi non direttamente correlati al core business di un’azienda; ad esempio la soppressione degli incendi, la sicurezza, la pulizia, la ristorazione, la gestione dei rifiuti.

La politica industriale deve anche necessariamente affrontare le crisi industriali, mediante l’istituzione di una struttura regionale a ciò preposta, anche a partire dalla parziale trasformazione di FILSE, perseguendo l’obiettivo di ridurre quanto possibile la distruzione di valore, in termini di occupazione, indotto e know how, facilitando al tempo stesso l’ingresso di nuove imprese. Tale facilitazione richiede, tra le altre cose, una regia regionale di coordinamento dei comuni che promuova il censimento e la riqualificazione delle aree industriali inutilizzate o parzialmente dismesse (numerose nella nostra regione in diverse province), con interventi anche coraggiosi nel caso di aree al momento sottoutilizzate.

L’elemento di conoscenza tecnica delle politiche industriali -valorizzando le competenze esistenti ed ampliandole laddove necessario- sarà imprescindibile supporto per promuovere le migliori best practices e per la valutazione degli impatti delle politiche industriali, seguendo la logica di “evidence based policy” promossa dalla Commissione europea.

Affinché tutto ciò sia realizzabile sarà necessaria la costituzione di un Tavolo formale di coordinamento tra i diversi attori delle politiche industriali regionali, che dovrà essere aperto, in un’ottica di programmazione condivisa, agli enti territoriali, alle rappresentanze sindacali e alle associazioni imprenditoriali, oltre ai cinque Poli di Ricerca e Innovazione della Regione già esistenti e ai rappresentanti del sistema formativo regionale (Università e Istituti Tecnici Superiori in primis).

Sinteticamente, seguendo le caratteristiche che sembrano accomunare i principali casi di successo delle politiche basate sui luoghi (place based policies), il processo di trasformazione strutturale dell’economia ligure dovrà essere articolata in interventi di tipo hard (infrastrutture trasportistiche, digitali, energetiche, bonifiche di aree industriali) e soft (incentivi all’innovazione, formazione, fornitura di “beni pubblici” per l’attività imprenditoriale). Tali interventi dovranno essere mantenuti per periodi sufficientemente lunghi (al fine di garantire un profilo di continuità e prevedibilità agli interventi di politica economica per tutti gli attori coinvolti); dovranno focalizzarsi su un numero limitato di linee di intervento che dovranno essere effettuati nelle aree locali adatte (al fine di massimizzare le probabilità che gli specifici interventi siano efficaci), puntando in particolare sui punti di forza regionali già esistenti (caratterizzati dalla presenza congiunta di imprese alla frontiera tecnologica e da gruppi di ricerca di eccellenza internazionale), coinvolgendo i portatori di interessi (enti locali, rappresentanze di imprese e lavoratori), evitando politiche che finiscano per sembrare semplicemente calate dall’alto.

Lavoro e formazione professionale

All’interno di una strategia di reindustrializzazione, il tema della qualità del lavoro e della formazione professionale assume una rilevanza strategica, anche alla luce del continuo depauperamento nella qualità dei posti di lavoro creati negli ultimi anni in Liguria, regione caratterizzata da salari di circa il 10% inferiori rispetto al dato del Nord; da più elevati tassi di disoccupazione giovanile e da più marcati divari di genere. I giovani e le donne, spesso i soggetti più svantaggiati nel mercato del lavoro, saranno i soggetti sui quali sarà necessario porre un livello addizionale di attenzione. Tra le politiche direttamente attivabili dalla Regione, è necessaria l’introduzione di due misure legislative, a tutela della dignità del lavoro e della corretta retribuzione: sulla scorta di quanto fatto nel Lazio, approveremo una legge che porti l’indennità minima per tirocini extracurriculari da 500 a 800 euro mensili; seguendo, poi, l’esperienza di altre regioni e comuni, sarà prioritario approvare una legge che stabilisca un salario minimo pari a 9 euro lordi all’ora, per i salari dei contratti dei bandi e delle concessioni della Regione e delle proprie controllate, nello spirito della proposta nazionale sul salario minimo.

La Regione dovrà promuovere politiche del lavoro che prevedano premialità, nella stesura dei bandi regionali, per l’assunzione di una quota di lavoratori e lavoratrici under-35 e di lavoratrici donne, come sperimentato per i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La creazione di buoni posti di lavoro dovrà necessariamente essere accompagnata da un miglior funzionamento dei Centri per l’Impiego regionali e in generale da una intelligente politica della formazione, che superi l’autoreferenzialità delle agenzie formative. Per quanto riguarda i Centri per l’Impiego, si promuoverà una migliore integrazione intra e inter-regionale tra i diversi CPI nonché tra questi ultimi e gli operatori privati. Occorre in particolare potenziare gli investimenti in hardware, software e personale dei Centri per l’impiego, sfruttando al meglio i progetti GOL del PNRR, anche al fine di utilizzare tecniche di intelligenza artificiale per analizzare le offerte di lavoro online e meglio comprendere le esigenze del tessuto imprenditoriale regionale, in un’ottica volta a mitigare gli annosi problemi di mismatch che caratterizzano il mercato del lavoro regionale.

In un’economia e in una società fondate sul costante aggiornamento culturale e delle competenze, la formazione continua deve divenire un diritto di ogni singolo individuo e le politiche formative entrano a pieno titolo nelle politiche industriali. Particolare attenzione sarà dedicata pertanto alla programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, incrementando le attività post obbligo e diploma coerentemente con le esigenze del tessuto produttivo, anche promuovendo l’apprendistato. Operativamente, sembra necessario favorire l’evoluzione dei Centri per l’istruzione degli adulti in Poli Onnicomprensivi per il conseguimento dei titoli e la frequenza a percorsi per l’acquisizione di competenze per la cittadinanza.

Si promuoverà inoltre il coinvolgimento nei processi formativi regionali delle poche grandi imprese che, in sinergia con il settore pubblico (in un’ottica di partenariato pubblico-privato), possono facilitare l’identificazione delle carenze formative delle imprese che, all’interno della filiera, risultano loro fornitrici, tipicamente PMI.

Ma la formazione non è solo quella dei lavoratori: le piccole e medie imprese liguri sembrano in ritardo in quanto ad applicazione di buone pratiche manageriali, come testimoniato da diverse metriche. Forme specifiche di training per manager delle PMI verranno incentivate, così come la predisposizione di voucher per manager temporanei o di scopo, -anche per gestire momenti critici nella vita di una impresa, come il passaggio generazionale o l’intrapresa di una attività di esportazione.

Tra le politiche del lavoro rientrano a pieno titolo le politiche sociali: attueremo una ricognizione di chi è rimasto scoperto dopo la cancellazione dei più importanti ammortizzatori sociali, su tutti il reddito di cittadinanza, in collaborazione con le realtà impegnate nel contrasto alla povertà: in questo contesto, potremo sperimentare un reddito di cittadinanza “smart” , integrato con una rete di protezione.

Le politiche di conciliazione sono particolarmente importanti nella nostra regione, caratterizzata da un divario nel tasso di occupazione femminile rispetto al Nord del Paese più ampio rispetto al caso maschile. Al riguardo, occorrerà intervenire per favorire la messa a regime di misure finalizzate al potenziamento dei servizi e dei sostegni economici per conciliare lavoro e famiglia, concentrandosi in particolare su servizi all’infanzia e alla famiglia, che consentono alla coppia di programmare una nascita e alle donne di non rinunciare al lavoro per la maternità.

Non per ultimo, ma di centrale importanza è il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro. In Liguria muore in media un lavoratore ogni 16 giorni; ogni 24 ore si registrano 48 denunce di infortunio e il tasso di irregolarità, registrato dal Rapporto annuale di vigilanza Inail, è del 75,4%. Questo fenomeno è ormai un’emergenza sociale che deve essere affrontata con azioni su diversi livelli. Tra questi, un rafforzamento degli organici Psal (servizi di prevenzione e sicurezza sul lavoro), che oggi vedono in Liguria un organico sottodimensionato e che non può garantire un adeguato controllo e prevenzione; investimenti su formazione ed educazione per la sicurezza nei luoghi di lavoro; regolamentazione dei subappalti evitando i cosiddetti “subappalti a cascata” che incidono pesantemente sul numero degli infortuni sul lavoro.

Fondi europei, PNRR

La Liguria ha un forte interesse a spendere presto e, soprattutto, bene i fondi assegnati dall’UE

nell’ambito del PNRR e della programmazione 2021-2027. La Liguria è infatti una regione che purtroppo non brilla per velocità di esecuzione dei progetti finanziati dai fondi europei. Nel 2025, se la Regione e il Governo si muoveranno per tempo potranno chiedere di riorientare parte dei fondi non spesi, riprogrammando la spesa nel quadro della nuova politica di reindustrializzazione sostenibile sopra delineate, cercando nel contempo di ottimizzare i tempi di realizzazione. I due principali programmi per la politica di coesione, Fesr e Fse+ pesano oltre un miliardo di euro, a cui si aggiungono i fondi per lo sviluppo rurale, per le politiche del mare e per la cooperazione territoriale. Risorse rilevantissime in questa fase della finanza pubblica, per la sostenibilità, l’innovazione e la competitività del territorio e delle imprese e per sviluppare politiche sociali e del lavoro. Nel caso specifico del PNRR, occorre porre le condizioni per permettere alla Liguria di utilizzare al meglio i fondi a disposizione. Una delle criticità da provare a superare è il coinvolgimento delle amministrazioni locali, della società civile, delle parti sociali nei progetti e nella loro realizzazione.

Un discorso a parte meriterebbero le aree interne, per le quali il PNRR è stato persino penalizzante: progetti già in corso hanno dovuto essere riconvertiti con notevole dispendio tecnico che i piccoli comuni non possiedono. Il tema delle mancate competenze dei piccoli enti locali nelle procedure di procurement pubblico richiede che Regione si attivi per incoraggiare gli enti locali di piccole dimensioni ad affidarsi, per gare di tipo complesso, a centrali di acquisto a livello provinciale.

È poi essenziale introdurre anche in Liguria una cultura del controllo del risultato, tutt’ora inesistente, Servono al riguardo competenze, ma anche una precisa volontà politica che promuova, all’interno dell’amministrazione, la valutazione dei risultati non come un obbligo, ma come elemento centrale di un più ampio processo di apprendimento, fatto di prove ed errori. Allo stesso modo, è necessario fuoriuscire dalla logica dell’intervento e del finanziamento a pioggia, che alimenta clientele e status quo, oltre a forme di economia parassitaria, per passare invece a scelte coraggiose di metodo e merito che caratterizzino una vera svolta di indirizzo pubblico.

Più in generale, il cambiamento di paradigma nel comparto della progettazione europea così delineato consentirebbe non solo un miglior utilizzo dei fondi europei (ex post), ma permetterebbe anche alla regione di concorrere a determinare le scelte di indirizzo dei prossimi periodi di programmazione, utilizzando anche i canali istituzionali e politici a Bruxelles, non ultimo il comitato delle Regioni.

Commercio

Il settore del commercio costituisce un segmento di fondamentale rilievo nell’economia ligure e i negozi di vicinato rappresentano, in molti luoghi, non solo un pezzo di economia, ma anche un presidio sociale, di sicurezza e di interrelazioni.

L’avversione della destra nei confronti dei negozi di vicinato, chiaramente manifestata dalle politiche di questi anni, è provata dai dati sul totale delle imprese iscritte alla Camera di Commercio in Liguria: se, dal 2015 al 2023, a livello italiano si registra un +19%, in Liguria la crescita è molto inferiore e pari al 9%, cioè a meno della metà. Gli interventi sul settore del commercio, così come altri, dovranno articolarsi necessariamente localmente, in funzione delle diverse esigenze del territorio, attraverso una pianificazione in grado di garantire uno sviluppo equilibrato delle varie forme distributive: esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita.

Nelle aree interne, la chiusura di un esercizio commerciale rappresenta spesso un dramma per la popolazione, soprattutto quella più anziana. La Regione dovrà sostenere, con incentivi mirati, una nuova idea di piccolo commercio, soprattutto nelle aree periferiche estreme. Il negozio di vicinato deve riconfigurarsi come un tassello di ricostruzione comunitaria, svolgendo anche funzioni nei confronti della popolazione più anziana: realtà territoriali, non solo negozio di prossimità ma anche luogo di servizi.

Gli interventi della regione prevedranno incentivi mirati, anche per l’aggregazione degli esercizi commerciali. Nelle aree urbane, la regione condurrà un’analisi approfondita sulla presenza di superfici commerciali di grandi dimensioni per proporre eventuali moratorie laddove la loro densità sia particolarmente elevata. Nonostante, infine, l’imprenditrice “tipo” risulti essere più istruita del collega maschio, il numero delle imprenditrici risulta di gran lunga minore rispetto alle colleghe europee (51% contro il 65%). Inoltre, secondo Bankitalia e l’Osservatorio Confcommercio, le imprese femminili soffrono di un accesso al credito più difficoltoso rispetto a quelle a guida maschile: sono profondamente negative soprattutto le condizioni relative alle garanzie richieste dalle banche (16,0 contro 17,7). Sarà nostro compito rimuovere gli ostacoli che le donne devono superare per fare impresa, non solo con una revisione complessiva del welfare che affronti la questione di genere, ma anche con politiche specifiche che incentivino l’impresa femminile.

Agricoltura

Gli ultimi anni hanno rappresentato per la Liguria un periodo di drammatica assenza di politiche regionali nel settore agricolo. La Liguria avrebbe invece bisogno di una programmazione chiara e condivisa con le rappresentanze del settore, sia per quanto riguarda i bandi del Piano di Sviluppo Rurale, sia relativamente alle domande di sostegno. In particolare, la struttura regionale del settore agricoltura necessita di rinforzi, affinché si riducano le tempistiche sulla chiusura delle istruttorie, anche perchè al momento i ritardi di pagamento per le domande già presentate rischiano di porre in estrema difficoltà finanziaria numerose aziende; parallelamente, occorre potenziare gli Ispettorati Agrari, considerato anche il carico di lavoro derivante dai nuovi agenti patogeni.

In generale, sembra essenziale un cronoprogramma chiaro per l’apertura delle nuove misure in modo che le aziende possano programmare attività e investimenti. Il ruolo della Regione è infatti fondamentale per un’agricoltura come quella ligure in cui la sostenibilità, vero carattere distintivo delle produzioni liguri, deve essere accompagnata in un percorso continuo con sostegni e ricerca costante. Si tratta di una strategia importante da mettere rapidamente in campo anche per affrontare, ad esempio, la questione idrica che colpisce sempre più di frequente il nostro territorio.

Ineludibile rimane poi la questione delle aree interne in cui la sopravvivenza dell’agricoltura è legata anche ai servizi per le comunità che vi risiedono. Difendere i presidi agricoli, le varietà tipiche delle nostre aree interne è un modo per tenere vive le comunità e i paesi, per creare opportunità per i giovani, creando lavoro e sviluppo in zone a rischio spopolamento. Un esempio su tutti: il territorio olivetato della Liguria è in grave stato di abbandono, con oltre il 60% degli uliveti non coltivati a causa della mancanza di ricambio generazionale e dei bassi guadagni. Le misure regionali attuali, come il PSR, non sono efficaci per chi gestisce piccoli appezzamenti, che non riescono a coprire i costi di mantenimento. Il progressivo spopolamento delle aree rurali ha aggravato l’abbandono delle coltivazioni, contribuendo al dissesto idrogeologico del territorio. È quindi fondamentale finanziare iniziative e progetti che prevedano la riqualificazione di sentieri e oliveti, per garantire la manutenzione del territorio e rilanciare la produttività.

Politiche agricole mirate sono essenziali per invertire questa tendenza e preservare sia il raccolto di olio di qualità, sia il valore turistico e ambientale della Regione. In quest’ottica, anche per rilanciare la cura del bosco come strumento di contrasto al dissesto idrogeologico, il settore della forestazione è in questa fase storica una rinnovata opportunità per i territori delle aree interne. Serve che la Regione contribuisca a programmare la piantumazione di varietà adeguate, creare consorzi, reti, vere e proprie filiere del bosco. La crescita sostenibile del settore agricolo ligure deve passare attraverso chiari interventi finalizzati ad incentivare l’agricoltura adeguata al territorio ligure. I fondi europei, così fondamentali e urgenti, non possono più essere erogati intempestivamente e senza una pianificazione mirata, come accaduto in questi anni. La Regione Liguria deve inoltre promuovere e sostenere un forte impegno nella ricerca, urgente in settori come la floricoltura o quello degli ulivi, necessario per fronteggiare con mezzi adeguati i rischi sempre nuovi a cui è esposto questo settore.

Particolare attenzione sarà rivolta al tema del ricambio generazionale, spesso momento critico che rischia di disperdere impianti, know how e determinare uno svuotamento delle identità delle nostre comunità. Si possono costruire soluzioni innovative attraverso la creazione e la promozione di reti e vere e proprie filiere concretamente funzionanti, di cooperative tra produttori e comunità locali in grado di acquisire i terreni mettendoli a disposizione dei giovani. Sarà nostro obiettivo favorire i percorsi di agricoltura sociale, come strumento di integrazione delle fragilità. In Liguria non si sono sviluppati gli strumenti dei distretti del cibo che, se adeguatamente promossi, potrebbero diventare occasioni di sviluppo di filiera contribuendo anche a lanciare un turismo destagionalizzato e policentrico.

La filiera del biologico necessita di una ripresa di attenzione, anche favorendo la nascita di gruppi di aziende consorziate, avvalendosi anche di strumenti quali le reti di impresa. Sarà necessario mettere in campo politiche specifiche per la tutela delle eccellenze del nostro territorio, anche con sistemi innovativi che ne certifichino la qualità, garantendo l’autenticità del prodotto finale, una diffusa distribuzione e una giusta retribuzione a tutta la filiera di lavoratori e lavoratrici.

Turismo

Il turismo è uno dei settori economici centrali della nostra economia, che va gestito in una logica nuova che non subisce i flussi ma li inserisce in una strategia. Nonostante i proclami della destra, nel 2023 il turismo, in Liguria, è cresciuto molto meno rispetto ad altre Regioni: circa la metà della media nazionale sia in termini di arrivi (+ 6,7% in Liguria contro il +13,4% della media italiana e il +14,2% del Nord-Ovest) che di presenze (+ 4,0% in Liguria, contro il 9,5% della media nazionale e contro il +11,4% del Nord-Ovest).

Chi ha governato in questi anni non ha mai creato in Liguria una governance turistica territoriale che sostituisse quella che era esercitata prima dalle province. Mentre in altre regioni, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna ecc., sono state create DMO (DestinationManagement Organization) e moderne organizzazioni pubbliche o pubblico-private di presidio del territorio e delle risorse che lo compongono, in Liguria non è mai stata fatta una legge regionale su un settore così cruciale.

Noi proponiamo, invece, un modello di governance turistica integrato basato sul coordinamento tra livello regionale e locale. Si tratta del modello che consente il miglior presidio territoriale e l’utilizzo più efficiente delle risorse, come da indicazioni del report di ENIT – Università IULM. Realizzeremo una legge regionale in cui l’Agenzia regionale esprimerà una strategia condivisa con i territori, svolgerà una funzione di indirizzo, coordinamento e supporto ai diversi stakeholder locali. In questa proposta le funzioni di gestione del turismo – destination marketing e management – saranno presidiate anche a livello subregionale per dare ascolto, autonomia e risorse ai territori.

Occorre costruire superare il Piano del Turismo, scaduto nel 2017, per aggiornare le politiche al mutato scenario post COVID: in quella sede vanno riattivate linee di intervento funzionali alle diverse aree e luoghi di interesse in cui la Liguria è articolata.

Noi proponiamo un modello di governance turistica integrato, basato sul coordinamento tra livello regionale e locale. Importantissime saranno le politiche di incentivazione per migliorare la condizione, spesso precaria, dei lavoratori e delle lavoratrici del settore: occorre investire maggiormente nei patti tra Regione e parti datoriali, prevedendo bonus per i datori di lavoro che allunghino la durata dei contratti di lavoro e stabilizzino il personale. Il rafforzamento delle imprese del settore e della solidità contrattuale, potrà contribuire al fondamentale obiettivo della destagionalizzazione, assieme a politiche di sviluppo del turismo sportivo, culturale e fieristico. Investire in questi settori significa, altresì, provare a stimolare la permanenza e la spesa dei turisti, uscendo dalla logica di un turismo estrattivo, veloce e che ha poche o nulle ricadute economiche positive sul territorio. Da un lato, le politiche di incentivazione al comparto dovranno rivolgere una attenzione speciale alle aree interne, in sinergia con le politiche agricole, oltre a sostenere specifiche iniziative di marketing territoriale. La costa e le aree urbane necessitano invece di politiche di intervento finalizzate sia alla valorizzazione, sia al contenimento del fenomeno dell’overtourism, incentivato, in questi anni, dalla totale mancanza di regia pubblica e di regolamentazione. La Liguria è una regione ad alto rischio di overtourism: ossia ad alto rischio di eccessivo afflusso di turisti in un luogo e nello stesso momento con conseguenti problemi ed effetti negativi sulla popolazione, dalla congestione della mobilità alla speculazione immobiliare. Nulla è stato fatto per studiare, prevenire e gestire il fenomeno nonostante nel mondo esistano positive sperimentazioni. Proponiamo lo sviluppo di Smart city e Smart destination locali basato sul monitoraggio dei dati riportando la scelta di soluzioni all’interno del più ampio tema di uno sviluppo sostenibile sia urbano sia territoriale. In pratica, l’utilizzo delle più moderne tecnologie al servizio del patrimonio culturale, dei servizi, del risparmio energetico, della mobilità, della gestione dei rifiuti, per ridurre l’impronta ecologica, per migliorare le informazioni. E con benefici sia per i residenti sia per i turisti (considerati cittadini temporanei).

Contemporaneamente promuoveremo nuovi itinerari, specie nell’entroterra, un importante calendario di eventi in periodi di bassa stagione, promozioni mirate alla destagionalizzazione. In particolare, si propone di incentivare gli investimenti in digitalizzazione e formazione imprenditoriale per agevolare la transizione del settore verso segmenti del mercato ad elevato valore aggiunto, che avrebbero anche il beneficio di ridurre le presenze in talune aree.

Scuola, Formazione, Università, Ricerca e innovazione, Cultura, Sport
Associazionismo, volontariato, terzo
settore


Scuola, formazione

Le nuove generazioni rappresentano la chiave per costruire società più giuste e sostenibili: le politiche messe in campo negli ultimi anni dalla Regione Liguria si sono dimostrate inefficaci e inefficienti, come è reso evidente dai dati preoccupanti sull’abbandono scolastico (12,9% nel 2022 in Liguria, 12,7% la media nazionale, 9% quella europea). Se l’Italia è il Paese con gli edifici scolastici più vecchi in Europa, la Liguria è la peggiore regione d’Italia.

Dobbiamo aumentare l’equità del sistema di istruzione, valorizzando anzitutto il capitale sociale e umano. La scuola è oggi uno dei più importanti elementi della coesione territoriale: il ruolo della regione deve spingere per la costruzione delle alleanze territoriali, perché le povertà educative sono adesso strutturali ed ereditarie. Dobbiamo ripensare la scuola dal profondo, aumentando il tempo di presenza delle studentesse e degli studenti e assumendo gli spazi come realtà educativa. Il nostro sarà un incessante impegno contro la dispersione scolastica, anche implicita, per disegnare un rafforzamento dei processi di apprendimento, anche intervenendo con elementi di supporto e tutoraggio. Occorre ripensare gli strumenti di orientamento – ora episodici e “fieristici” – dall’età precoce fino all’accesso universitario, assumendo il tema dell’università come centrale, non solo come alimento del capitale sociale e umano prodromico a un’occupazione qualificata, ma anche come uno degli aspetti fondanti di una collettività coesa.

L’obiettivo è costruire un nuovo modello di istruzione, accessibile strumento di emancipazione e lotta alla povertà. Le bambine e bambini che accedono ai servizi educativi per la prima infanzia

  • gli asili nido – hanno minori probabilità di abbandonare prematuramente gli studi. Nel breve termine, ciò favorisce l’entrata delle donne nel mercato del lavoro, riducendo le disparità di genere e rafforzando la crescita economica e la coesione sociale. In Liguria, circa un bambino su tre ha accesso ad un servizio educativo per la prima infanzia: di questi, però, solo la metà sono pubblici. Il resto sono servizi privati, quindi più oneros. Il PNRR dovrebbe espandere i servizi nella nostra Regione: con i nuovi posti, il tasso di copertura aumenterebbe al 45%, ma – nonostante questo – permangono forti criticità: i servizi si concentrano maggiormente nei centri medio-grandi e, senza sostegno economico, i nuovi posti rischiano di essere dati in gestione ai privati, diminuendo l’accessibilità per i bambini meno abbienti. Occorre dunque:
  • Pianificare l’aumento di copertura futura dei servizi nelle aree remote/montane/comuni medio-piccoli dove l’offerta è inesistente. Fondamentale in tal senso: esplorare modalità di servizi comuni, sostenere i gruppi di Comuni nella progettazione e includere tipologie di servizi più flessibili, adatti a tali contesti (servizi di comunità/domiciliari) garantendo sempre la qualità, attraverso il Fondo Sociale Europeo e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
  • Sviluppare un modello di finanziamento per i Comuni, relativo alla gestione dei servizi (fondi legge di Bilancio, Fondo Solidarietà Comunale e altri fondi a disposizione), che tenga conto del numero di posti offerti nei servizi, ma anche del livello socioeconomico delle famiglie (minore il livello socioeconomico, maggiori i costi di mantenimento per i comuni), utilizzando, in tal senso lo Strumento di Assistenza Tecnica della Commissione Europea.
  • Adottare una carta dei diritti dei lavoratori dei servizi per la prima infanzia per il riconoscimento del ruolo sociale degli educatori ed educatrici. Applicarla a tutti i servizi (pubblici e privati), rivedendo gli standard regionali di qualità. Avviare un programma di collaborazione con le università per il rafforzamento della qualità dei servizi, in particolare la formazione continua del personale.

Perché le scuole assolvano degnamente al loro compito e siano luoghi di crescita degli individui, devono essere spazi sicuri. La carente situazione degli edifici scolastici liguri va drasticamente migliorata: il 37,5% degli 859 edifici scolastici statali della Liguria sono classificati come vetusti, a fronte di una media nazionale del 17,8%. La metà delle scuole della nostra regione non ha la certificazione statica; Il 49,2% non ha la certificazione di agibilità; i fondi stanziati per la manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni nel Nord Italia sono in media € 43.122 per singolo edificio, in Liguria questo dato crolla a € 23.515; la metà delle scuole della nostra regione non ha la certificazione statica. A completare questo quadro, si aggiungono i dati ISTAT 2023: tre su quattro scuole liguri non sono a misura di studente disabile. Va da sé che un intervento sull’edilizia scolastica, per rendere gli edifici scolastici più sicuri e per abbattere le barriere architettoniche, sia necessario.

Risulta dunque evidente come vi sia l’impellente necessità di rimettere l’interesse e la crescita della scuola al centro delle scelte politiche regionali, per lo sviluppo del territorio e della comunità liguri e soprattutto per garantire a tutti l’accessibilità al diritto all’istruzione costituzionalmente garantito.

Per traguardare questo obiettivo occorre:

● aumentare la quota di bilancio destinata al diritto allo studio, comprendendovi anche le risorse destinate al servizio di mensa scolastica, che per molte famiglie è l’unico modo di offrire ai figli un pasto completo ed equilibrato nella giornata

● Sostenere il diritto all’istruzione e garantire a tutti il diritto all’accessibilità alla scuola migliorando il sistema dei trasporti pubblici, per consentire la mobilità degli studenti e la reale accessibilità a ogni indirizzo di scuola secondaria di secondo grado. In alcune zone dell’entroterra ligure devono essere potenziati i mezzi pubblici (in alcune aree completamente assenti), ma anche rafforzato il servizio ferroviario.

● Investire maggiori risorse nella promozione e nel sostegno a progetti educativi extracurricolari: il finanziamento di tali progetti è in media di € 15,10 per allievo in Italia, di € 26,37 nelle Regioni del Nord, di € 0,44 in Liguria. Per molte famiglie questi fondi (da erogare in maniera mirata e non “a pioggia”) costituiscono l’unica opportunità per consentire ai propri figli di prendere parte ad attività extracurriculari che, oltre ad ampliare le loro conoscenze, competenze e relazioni, supportano la famiglia nella organizzazione dei tempi di lavoro, di cura e di accompagnamento allo studio (anche quando non si hanno gli strumenti per farlo).

● Sostenere progetti di scuole sostenibili, innovative e aperte anche in orario extrascolastico, nelle aree caratterizzate da alto tasso di abbandono e povertà educativa, co-progettate con i diversi attori territoriali a partire da specifici bisogni educativi e sociali e dotate di servizi integrati; le scuole dovranno essere strettamente connesse a rinnovate strutture sportive, in un’ottica che integri cultura, salute e sport. In particolare, per i più giovani la pratica sportiva deve essere una proposta quotidiana in cui possano scoprire i loro talenti e le loro inclinazioni personali.

● Superare nella pianificazione il mero approccio quantitativo anche per preservare il maggior numero di istituzioni scolastiche autonome, soprattutto nelle aree interne e nei territori più svantaggiati;

● Promuovere e sostenere l’attivazione da parte degli Enti Locali di processi di amministrazione condivisa, secondo linee guida ispirate al principio della co-progettazione tra scuola, enti locali, Terzo settore – nel rispetto di ruoli e specifiche competenze – e le équipe multidisciplinari (pedagogista, educatore, psicologo), a sostegno della comunità educante e in accordo con i servizi psico-pedagogici territoriali di prossimità.

● Garantire maggiore efficienza delle attività dei distretti sociosanitari nella relazione con scuole e famiglie e nella conseguente presa in carico, quando necessario, di famiglie con bisogni sociali.

Questo consentirà di sgravare, almeno parzialmente, le famiglie (in genere le donne) e le scuole dei compiti di cura, vigilanza e assistenza di cui normalmente si fanno carico.

Università, ricerca

La Liguria è una regione sempre più inospitale per i giovani: continua il calo delle nascite e migliaia di giovani hanno lasciato la Liguria. Ad andarsene sono soprattutto coloro che hanno più risorse, economiche e formative. Tra coloro che rimangono, circa 30.000 liguri tra i 15 e i 29 anni nel 2022 non studiavano e non lavoravano, un numero sostanzialmente equivalente agli iscritti dell’Università di Genova.

Occorre invertire la tendenza innanzitutto riservando all’Università e alla Ricerca tutta l’attenzione che meritano; la Regione deve farsi promotrice di relazioni e strategie condivise con la stessa Università, i Centri di Ricerca, gli Enti Locali. La Liguria ha enormi potenzialità per diventare un grande Campus per studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici dall’estero, grazie all’Università diffusa, alle eccellenze del CNR, INFN e IIT. Occorre investire sull’attrattività accademica e di ricerca della nostra Regione, stanziando un fondo per aumentare la dotazione Erasmus, sia sulla mobilità studentesca in uscita, sia per costruire le condizioni ottimali affinché studenti e studentesse che vengono a studiare a Unige possano decidere di stabilirsi in Liguria.

Noi vogliamo traguardare i seguenti obiettivi concreti:

● sostenere il diritto allo studio per garantire l’accessibilità agli studi universitari, soprattutto in relazione alle politiche abitative, di alloggio e di welfare per i c.d. fuori sede. Promuoveremo, in sinergia con i Comuni presso cui ha sede l’Università, la realizzazione di foresterie e studentati da affittare in modo esclusivo e calmierato a studenti, contrattisti, ricercatori, a partire dalla rigenerazione del patrimonio edilizio sfitto;

● Finanziare maggiormente il fondo per la concessione di borse di studio e superare la situazione degli “studenti idonei non beneficiari”, che, seppure in possesso dei requisiti, non ottengono la borsa di studio per insufficienza di fondi;

● Affrontare il problema del trasporto pubblico. L’Università di Genova è un’università regionale, con moltissimi studenti e studentesse pendolari. Questa condizione impone che la Regione promuova accordi con Trenitalia e le diverse municipalizzate dei trasporti della regione in modo da poter offrire un piano di abbonamenti integrati maggiormente accessibili e favorire la gratuità del servizio per studenti e studentesse, con soluzioni strutturali e non a spot.

● Affrontare il problema relativo alle strutture edilizie adibite ad aule universitarie, che presentano criticità varie: su tutte, il sovraffollamento e la presenza di barriere architettoniche;

● Affrontare la carenza di infrastrutture e servizi a supporto delle attività universitarie, promuovendo, a partire da iniziative di rigenerazione urbana, locali adibiti alla ristorazione, allo studio, allo sport, all’aggregazione.

Occorre inoltre incentivare, nell’ottica di una buona e qualificata occupazione, percorsi di formazione terziaria non universitaria, a partire dagli gli ITS (Istituti Tecnologici Superiori), che nel nostro Paese scontano una posizione marginale nell’assetto formativo complessivo, in parte anche dovuta all’intricata configurazione burocratica che li connota. Sulla scorta di recenti analisi di settore, occorre immaginare di individuare un più snello modello organizzativo e di rendere più certi e permanenti i meccanismi di finanziamento, per consentire agli ITS di contare su un ammontare stabile di risorse nel corso del tempo. La certezza delle risorse almeno nel medio periodo è, infatti, fondamentale per rafforzare l’impianto organizzativo e amministrativo degli ITS e dare continuità all’offerta formativa.

Cultura

La programmazione culturale della Regione e del Comune di Genova, in questi anni, ha coinciso con un marketing di basso livello, caratterizzato da campagne comunicative stereotipate e grossolane per iniziative costosissime e inutili. Toti e Bucci non hanno manifestato alcuna idea di valorizzazione culturale dei territori, di supporto a progetti nuovi che sappiano allungare la stagione estiva, con eventi e iniziative nel periodo novembre-marzo, e creare opportunità nuove di lavoro e occupazione non saltuarie o occasionali per i giovani e le giovani liguri.

La regia regionale, completamente assente in questi anni, sarà invece fondamentale per realizzare una programmazione di obiettivi assieme agli enti locali che, nell’ambito delle specifiche autonomie, crei veri e propri distretti culturali; che dia il senso della cultura non solo come intreccio di eventi, ma come elemento di identità collettiva, motore di coesione, centro di ricostruzione dello spazio pubblico. Dovremo scongiurare il rischio, che già è concreta realtà, che la cultura, in Liguria, diventi generazionalmente determinata, modellandosi su una sola generazione, in termini anagrafici ed economici. Dovremo caratterizzare la proposta culturale con una forte spinta innovativa, sia nella gestione che nella fruizione, puntando sulla creatività giovanile.

Il sistema culturale ligure, pur esprimendo punte di eccellenza (con le grandi istituzioni concentrate per la gran parte sulla città di Genova come Carlo Felice, Palazzo Ducale, Teatro Nazionale, Teatro della Tosse, e iniziative riconosciute a livello nazionale), ed un vivace tessuto di operatori, imprese, enti, lavoratori, artisti diffusi su tutto il territorio regionale, sconta enormi ritardi in termini strutturali e di offerta complessiva, soprattutto se messa a confronto con le altre regioni del Nord e in particolare con quelle confinanti (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana).

La spesa media regionale annua di circa 6 milioni €, risulta tra le più basse per numero di abitanti tra tutte le regioni italiane (dati Federculture 2023), e per il 90% viene assorbita dalle grandi istituzioni del capoluogo, non consentendo uno sviluppo policentrico del sistema anche sul resto della regione; La legislazione regionale è “datata” (risale al 2006) e attuata solo in parte; infine è cronica la mancanza di programmazione e coordinamento.

Tali ritardi e criticità sono stati ulteriormente aggravati dagli ultimi anni di governo di Centrodestra, interprete di un’idea di Cultura privatistica ridotta a mero intrattenimento, a “eventificio” per animare luoghi da cartolina, funzionale solamente ad un aggressivo marketing territoriale, finalizzato ad aumentare i flussi turistici verso un territorio già saturo e fragile, o a trarre facili consensi.

Il tutto si è tradotto in un’assenza di idee e di programmazione incarnata l’assenza di un Assessore dedicato (fatto ancor più grave in quanto la Liguria detiene in questi anni il Coordinamento sul tema della Cultura della Conferenza Stato-Regioni), nella totale mancanza di ascolto e partecipazione degli operatori culturali, delle imprese e delle associazioni di categoria alle scelte culturali; in un deficit di trasparenza nelle procedure di assegnazione dei fondi disponibili, a sostegno alle sole iniziative svolte nei comuni governati da amministrazioni dello stesso colore politico della giunta regionale e tradotti nella sola promozione e realizzazione di “grandi eventi” – o pseudo tali – all’insegna di lustrini e red carpet che non lasciano nessuna ricaduta sui territori (vedi GenovaJeans e TriCapodanni).

I prossimi anni saranno l’occasione per la Liguria per affermare e realizzare un’idea nettamente alternativa di cultura intesa come

● parte fondamentale di un nuovo modello di welfare regionale e di un nuovo modello di sviluppo;

● strumento fondamentale per la coesione sociale, l’integrazione e inclusione delle fasce a rischio (persone con disabilità, famiglie basso reddito, anziani, persone con background migratorio, ex detenuti) e per ridurre le disuguaglianze;

● strumento per la cura dei territori più fragili e interni, per promuovere la sostenibilità e per ridurre l’impatto dell’overtourism dislocando le iniziative e destagionalizzando;

● come comparto produttivo che possa generare significative ricadute economiche, occupazionali e d‘innovazione coinvolgendo soprattutto le giovani generazioni (dall’ultimo rapporto Federculture 1€ investito nel settore genera 1,8€ di valore aggiunto).

La prima azione del nuovo Governo regionale sarà quella di convocare gli Stati Generali della Cultura, convocando tutti gli attori coinvolti. Il nuovo Governo Regionale, ristabilendo l’Assessorato alla Cultura si assumerà l’impegno di una nuova programmazione pluriennale che sia partecipata e discussa con tutti gli attori in campo, e che valorizzi il ricco patrimonio di progetti, festival, luoghi della cultura e realtà produttive che la Liguria può già esprimere grazie agli sforzi – spesso isolati –

degli enti che li promuovono, partendo da alcune linee di indirizzo:

● La Liguria come polo di innovazione delle arti, che promuova la ricerca artistica, l’ibridazione tra le forme d’espressione contemporanee, le nuove tecnologie, la formazione, il coinvolgimento di nuovi pubblici e di nuovi artisti emergenti. In questo ambito esistono già eccellenze riconosciute a livello nazionale da cui ripartire (dal nuovo centro di produzione teatrale d’innovazione Gli Scarti alla Spezia, a Teatro Akropolis a Sestri Ponente, a Terreni Creativi- Kronoteatro ad Albenga, a Electropark e Suq Festival a Genova, Casa Jorn ad Albissola, Adac Archivio d’Arte contemporanea e tanti altri… )

● La Liguria come territorio dove sperimentare nuove politiche che mettano in relazione Salute e Cultura: partendo dall’importante rapporto del 2019 dell’OMS dove viene evidenziato il valore delle arti nel miglioramento della salute e benessere di una comunità.

Reistituzione e implementazione della “Card Musei Liguria” , un abbonamento unico che consenta l’accesso illimitato per un anno a musei, residenze storiche, collezioni artistiche, giardini, ville, parchi e mostre temporanee in tutta la Liguria. La “Card Musei Liguria” sarà disponibile a un prezzo accessibile per residenti e turisti, permettendo di esplorare il vasto patrimonio culturale regionale senza limiti per 365 giorni. Ispirato al successo ottenuto da iniziative simili in altre regioni, come il Piemonte, l’abbonamento mira a promuovere il turismo culturale e a sostenere le istituzioni museali locali, contribuendo alla crescita del settore culturale e turistico.

Su questo approccio sono attivi importanti studi e sperimentazioni da parte di altre regioni italiane e altri paesi europei, e linee di finanziamento da parte di fondazioni bancarie e dell’Unione europea. In questo ambito si può dar vita a innovativi progetti di collaborazione tra enti culturali, artisti, aziende sanitarie e mondo cooperativo e del terzo settore.

Sport

Lo sport è uno strumento essenziale per la salute fisica, il benessere mentale e la coesione sociale, un pieno riconoscimento nell’ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Al tradizionale novero dei diritti di cittadinanza (civile, politica, sociale) si sono aggiunte nuove forme di diritti, legati a bisogni emergenti nella sfera della personalità individuale, quali la domanda di promozione culturale, di qualità della vita e della salute. Lo sviluppo della pratica sportiva di base rappresenta un aspetto esemplare di tale dinamica. La pratica fisico-motoria e sportiva rappresenta oggi, infatti, un nuovo bisogno sociale. L’attività fisico-motoria e sportiva appare non più ancorata esclusivamente a forme dedicate alla competizione e all’agonismo, bensì raccoglie domande individuali e collettive di benessere, di occasione di socializzazione e di strumento di educazione. Nel rinnovamento politico, sociale, civile, morale ed economico del Paese, lo sport per tutti, lo sport di cittadinanza, deve giocare un ruolo da protagonista, all’interno di un ambito valoriale progressista e riformista, che deve essere in grado di assumersi la responsabilità fino in fondo di riconoscere e legittimare l’associazionismo sportivo di promozione sociale, all’interno del terzo settore, come uno dei primari attori capaci e maturi per giocare un ruolo di primo piano nella riforma di un nuovo modello di welfare.

In Liguria, tuttavia, lo sport non è ancora sufficientemente integrato nel contesto scolastico né facilitato dalle Amministrazioni Pubbliche. La pratica sportiva, eccetto per gli sport professionistici, è quasi interamente gestita dalle società sportive dilettantistiche, associazioni senza scopo di lucro che svolgono un ruolo cruciale. Queste realtà, però, sono sostenute prevalentemente dai contributi delle famiglie e da pochi mecenati, un sistema di finanziamento limitante e spesso ingiusto, che non consente a tutte le famiglie di accedere allo sport, soprattutto in un contesto di crescente riduzione dei redditi disponibili.

In una società giusta ed equa, lo sport deve essere considerato un diritto accessibile a tutte e tutti, indipendentemente dalla condizione economica o sociale. La Regione deve farsi carico di questo obiettivo, sostenendo in modo deciso la pratica sportiva a tutti i livelli. L’esperienza della Dote Sport, che offre contributi economici alle famiglie per le spese sportive dei figli, va non solo confermata, ma ampliata e resa una misura strutturale. Questo strumento deve diventare un pilastro delle politiche regionali, garantendo un accesso equo e diffuso allo sport, soprattutto per le famiglie economicamente svantaggiate, i giovani e le persone con disabilità.

Centrale, nel rilancio dello sport nella nostra regione, è la progettualità sull’impiantistica sportiva, che in molte zone della Liguria necessita di diffusi investimenti e interventi strutturali. Occorre una mappatura completa delle strutture esistenti, molte delle quali versano in condizioni di degrado, per identificarne le priorità di rinnovamento. È necessario un piano regionale di investimenti per garantire la riqualificazione degli spazi sportivi, tenendo conto delle esigenze delle comunità locali e promuovendo la creazione di veri e propri “ecosistemi sportivi” che non siano limitati agli atleti, ma coinvolgano scuole, famiglie e associazioni. Lo sport deve diventare un catalizzatore di integrazione e inclusione sociale, creando spazi accessibili a tutte e tutti.

La contrapposizione tra sport professionistico e dilettantistico è ormai superata e artificiale: una cultura sportiva solida, che parte dal basso e che sia inclusiva e accessibile, è la base per ottenere successi anche a livello professionistico. Lo sport di cittadinanza non è solo una questione di prestazioni o risultati, ma di partecipazione collettiva e sociale. È uno strumento di educazione continua, dall’infanzia all’età anziana, che promuove la prevenzione sanitaria e la coesione sociale, aiutando a contrastare stili di vita sedentari e patologie come malattie cardiovascolari, diabete e obesità, come sottolineato dall’OMS. Inoltre, lo sport è fondamentale per affrontare le grandi sfide sociali, come l’inclusione dei migranti, la lotta alla criminalità giovanile, la dispersione scolastica e l’isolamento sociale.

Per sostenere questo ruolo sociale dello sport, la Regione deve promuovere un coordinamento più efficace tra le politiche sportive, sociali, sanitarie ed educative, coinvolgendo enti territoriali e associazioni sportive. Le risorse economiche necessarie devono essere reperite anche guardando al nuovo Piano Europeo per lo Sport 2024-2027 e inserendo lo sport nei programmi operativi del Fondo Sociale Europeo.

Per raggiungere questi obiettivi è necessaria anche una nuova idea di “governance” che stabilisca un equilibrio tra i divari e le disuguaglianze, di rappresentanza, di riconoscimento e di risorse tra organismi sportivi e che potrebbe essere facilitata con la previsione di un ‘Consiglio regionale della Promozione sportiva’, per contribuire a coprogrammare e coprogettare politiche sportive trasversali, che intersecano l’educazione, la salute, il benessere di comunità, la rigenerazione urbana, la promozione di una mobilità dolce e sostenibile, la valorizzazione delle aree interne, dell’entroterra, la coesione sociale, l’inclusione delle fasce di fragilità, la diffusione di attività fisica salutare.

È necessario introdurre strumenti come voucher sportivi, destinati non solo ai giovani, ma anche agli anziani, alle persone con disabilità e a chi vive in condizioni di disagio. Questi voucher, utilizzabili presso associazioni sportive affiliate alle federazioni riconosciute dal CONI, rappresentano un modo concreto per promuovere la pratica sportiva come mezzo di benessere e prevenzione sanitaria. .

Considerando, poi, che una parte importante dell’attività sportiva della Regione Liguria avviene sul mare (società di vela, canottaggio, pesca sportiva ed anche di nuoto e pallanuoto, tra le altre) anche attraverso la gestione, manutenzione ed esercizio delle sedi sociali in aree di proprietà demaniale, andranno studiate per le ASD iscritte nell’apposito Registro CONI, norme di favore tanto per la determinazione dei canoni demaniali quanto per la loro chiara esclusione dalla cd. Direttiva Bolkenstein.

Lo sport è benessere, educazione, inclusione e socializzazione. Il nostro impegno è quello di creare una Liguria dove tutti, indipendentemente dall’età, dal reddito o dalle condizioni personali, possano praticare sport in una rete di sostegno che favorisca il benessere individuale e collettivo, rafforzando la coesione sociale e valorizzando il territorio attraverso attività sportive sostenibili e inclusive.

Associazionismo, volontariato, terzo settore

In una società sempre più sfilacciata e individualizzata, i mondi dell’associazionismo, del volontariato e del terzo settore rappresentano un segmento fondamentale per la tutela e la promozione della socialità e della cultura accessibile a tutte e tutti. Il terzo settore svolge un ruolo cruciale nel realizzare l’interesse pubblico, sovente in collaborazione con l’istituzione pubblica e, talvolta, anche laddove l’Istituzione non arriva: nella tutela dell’ambiente, nell’animazione culturale, nei servizi sanitari e nell’assistenza a persone con disabilità. E ciò è tanto più vero quando cresce il numero di persone che, versando in stato di difficoltà, marginalità, abbandono, necessitano di sostegno, aiuto, compagnia. La Liguria dovrà promuovere e tutelare queste realtà, a partire da un riordino e aggiornamento della normativa ad esse dedicata: la Liguria, infatti, a differenza di altre Regioni, non ha aggiornato la propria legislazione a seguito dell’approvazione del Codice del Terzo settore (dlgs 117/17) e del registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) nel novembre 2021. La legge regionale 20/2002 infatti, disciplina le Odv di cui alla legge 266/91 e le Aps di cui alla legge 383/00. Con l’entrata in vigore del registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) e con la conseguente abrogazione di quelle norme, ora le Odv e le Aps rischiano di essere assoggettate ad aliquota ordinaria e di non beneficiare delle agevolazioni IRAP previste dalle normative sopra citate. Inoltre, le nuove Odv, Aps e Ets iscritte ex novo al RUNTS non beneficiano di alcuna agevolazione Irap, a normative regionali invariate. Il nostro primo impegno, pertanto, sarà volto ad aggiornare le normative di riferimento in modo da non creare sperequazioni tra enti e – laddove possibile – ad intervenire ulteriormente per favorire le attività dei soggetti di Terzo settore.

Casa, Spazio pubblico, Sicurezza urbana e ambientale, Non autosufficienza, Terza età, Inclusione e integrazione, Antimafia


Il diritto alla casa per tutte e tutti è fondamentale per garantire una Liguria Giusta. Oggi assistiamo a una vera e propria emergenza strutturale, acuita da anni di totale negligenza del centro destra che, con il Governo Meloni, ha completamente smantellato gli ammortizzatori sociali, tra cui il reddito di cittadinanza, e definanziato il fondo per il sostegno affitti e per la morosità incolpevole.

Se a questo aggiungiamo una generale ritrosia delle persone ad affittare, la recente esplosione degli affitti brevi ad uso turistico, l’esiguità di alloggi in capo ad ARTE e il grave stato manutentivo dell’edilizia pubblica, comprendiamo quanto sia difficile (impossibile nelle zone turistiche) trovare casa specialmente per coloro che non dispongono di alti redditi. In Liguria ci sono solo 18.780 alloggi ERP (Genova 10.400, La Spezia 4.000, Imperia 1570, Savona 2.700) con un fabbisogno aggiuntivo di circa 8000 alloggi. I bandi ERP biennali riescono a soddisfare mediamente 350 domande e ne rimangono giacenti oltre 5000. Secondo l’ultimo dato del Ministero, nel 2022 vi sono state 4720

richieste di esecuzione di sfratto, di queste il 90% per morosità incolpevole. Oggi l’analisi del disagio abitativo fa emergere una debolezza più articolata rispetto al passato, che interessa ampi segmenti di popolazione in una condizione di criticità non solo economica, ma anche sociale e sanitaria. Spazi abitativi e stato di conservazione dell’edificio, cura di figli piccoli o familiari bisognosi di assistenza domiciliare; condizioni qualitative e sicurezza del contesto urbano; vicinanza al trasporto pubblico e ai servizi essenziali sono fra i principali fattori sui quali si configurano nuovi tipi di domanda che va colta nella sua complessità. Diventa dunque essenziale un cambio di paradigma rispetto al passato per abbandonare il pensiero di “quante case per quanti abitanti” e pensare a “quali case per quali abitanti” . Le risposte devono essere sinergiche e articolate su più fronti per politiche abitative strutturali e non più emergenziali, iniziando ad esempio dalla riapertura del cantiere “Gli stati generali dell’Abitare” in modo da creare percorsi di accompagnamento sociale all’abitare.

Si devono prevedere: quote di alloggi per l’emergenza, sia con il recupero di edifici esistenti sia con la costruzione di moduli abitativi innovativi per la residenzialità temporanea; un progetto di affitto sociale a famiglie che si trovano in condizioni di precarietà economica; fondi di rotazione e adeguate garanzie per sostenere e incentivare l’utilizzo del patrimonio privato libero per affitti a canoni accessibili; l’incremento e la rigenerazione dell’edilizia residenziale pubblica, allocando risorse nel bilancio regionale per recuperare i circa 3000 mila alloggi ERP attualmente sfitti e per la manutenzione straordinaria dei 19000 alloggi esistenti dotandoli di maggiore flessibilità d’uso e miglior efficienza energetica con conseguente riduzione dei costi di gestione (le c.d. spese di amministrazione), spesso non sostenibili dagli inquilini (le poche risorse,11 milioni, stanziati nel 2023

dalla regione sono notevolmente insufficienti stante che mediamente occorrono 25 mila € per appartamento). Per far fronte alla crescente diffusione di precarietà abitativa e ai definanziamenti operati dai governi di destra, istituiremo un fondo rotativo di garanzia per i locatori, che intervenga al momento di un ritardo o di una morosità nella corresponsione del pagamento del canone dovuto a situazioni di difficoltà economica. Sarà, inoltre, fondamentale, prevedere l’avvio di “Agenzie sociali per la casa” oltre a forme di intermediazione per reperire alloggi nel mercato privato, a fronte di garanzie, ulteriori agevolazioni, incentivi. Operazioni di rigenerazione urbana che consentano: da un lato la creazione di nuove abitazioni da ricavare prevalentemente con recuperi, sostituzioni e inserti di nuova edificazione la cui collocazione va studiata in ottica metropolitana; dall’altro il ripristino della cessione di quote di alloggi ERP e non la monetizzazione. Occorrerà rilanciare la produzione di edilizia residenziale sociale, anch’essa da ricavare prioritariamente tramite interventi integrati di rigenerazione urbana, patrimonializzando e migliorando le esperienze maturate fino a oggi e che può essere un’ottima risposta anche per il mondo universitario. Nel farlo, sarà fondamentale volgere lo sguardo anche alle esperienze più innovative e virtuose di co-housing e social housing, sviluppatesi in altre città, nate dalla collaborazione tra enti locali e società cooperative. A complemento di queste politiche, dovremo approvare una legge per normare gli affitti turistici che, se deregolamentati, rischiano di depauperare il patrimonio abitativo residenziale, soprattutto nei centri storici.

Occorre predisporre, inoltre, un sistema di monitoraggio per evitare che il proliferare di contratti di locazione ad uso foresteria per trasfertisti si trasformi in forme nascoste di sfruttamento di soggetti di economicamente deboli, realizzando condizioni di abitabilità insostenibili e contribuendo alla trasformazione delle delegazioni in quartieri dormitorio.

Il disagio abitativo può dunque trovare risposta in strumenti di policy collegati al rinnovamento degli ambienti urbani, secondo le direttrici di analisi e di progetto, di riflessione e di dibattito, di risoluzioni e di atti che indicano la rigenerazione urbana applicata a condizioni materiali e immateriali della convivenza urbana come la via più utile per “rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili” (Goal 11, Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile).

Centrale nello sviluppo di nuove politiche per la casa è la riorganizzazione in forma ottimale delle Agenzie Territoriali (A.R.T.E.), che sono Enti pubblici di natura economica, strumentali della Regione Liguria, dotate di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale, patrimoniale, organizzativa e contabile. È oggi essenziale creare un’unica ARTE ligure articolata nelle province, riconfigurandone la vocazione: da Agenzia per gli alloggi popolari in un’Agenzia per l’abitare, che possa affrontare la questione abitativa non solo per i soggetti indigenti, ma per fasce più ampie della società che oggi si trovano in una situazione di complessiva difficoltà. ARTE, così trasformata, dovrà essere un ente capace di integrarsi con la rete dei servizi sociali, sanitari ed educativi, per fornire risposte più complete ai bisogni complessi dei cittadini.

Sarà compito di ARTE, così riconfigurata, promuovere politiche specifiche di accesso alla casa, nei confronti – ad esempio – di operatrici sanitarie e operatori sanitari, studentesse e studenti, lavoratori e lavoratrici. La nuova Agenzia, la cui governance dovrà essere ripensata nell’ottica di una semplificazione, dovrà, altresì, attivare piani straordinari di manutenzione e recupero del patrimonio abitativo, in un percorso di dialogo e cooperazione con gli Enti Locali. È inoltre importante attivare, presso la Regione o in condivisione tra le Agenzie, un Ufficio per la partecipazione ai Bandi e/o progetti di natura europea (anche in vista dei fondi previsti per le Case Green); Sicurezza urbana e ambientale

Tra i diritti fondamentali di ognuno di noi c’è quello di abitare un territorio sicuro, resiliente e capace di affrontare il cambiamento climatico e i suoi effetti con strategie di adattamento sistemiche e innovative. Il percorso che la Regione Liguria deve intraprendere si fonda sul principio base che le politiche di sicurezza urbana debbano necessariamente caratterizzarsi come politiche integrate e tener conto di più dimensioni: il controllo del territorio, la prevenzione della criminalità, la qualità dello spazio urbano, ma anche il presidio sociale, culturale e commerciale. Purtroppo, ad oggi, “i principali strumenti utilizzati dagli enti locali italiani per intervenire sulle circostanze, sul contesto e sugli effetti prodotti da forme di criminalità prevalentemente predatoria o di disordine urbano sono la polizia municipale, il ricorso a tecnologie di controllo del territorio e l’adozione di provvedimenti amministrativi in funzione dissuasiva. Le politiche locali della Regione Liguria in termini di sicurezza urbana hanno spesso riguardato solo questo tipo di interventi, senza prevedere una reale strategia di prevenzione attraverso la progettazione ambientale integrata (CPTED). Il rischio di politiche di sicurezza urbana di mera repressione e di contrasto generano, però, effetti opposti a quelli attesi: i soggetti più bisognosi di inclusione, rischiano di essere oggetto di emarginazione e più inclini ad azioni criminose, aumentando i divari sociali. A differenza di quanto accade in Francia e Gran Bretagna, i paesi più evoluti dal punto di vista normativo e applicativo in materia di sicurezza urbana, in Italia, la norma europea CEN/TR 14383-25, che fornisce principi generali e indica il quadro per un processo di prevenzione del crimine attraverso la progettazione ambientale non viene applicata.

Sarebbe auspicabile anche per la Liguria, invece, un sempre maggiore utilizzo della norma UNI CEN/TS 14383-2:2023 come altre Regioni hanno fatto producendo esempi virtuosi di progettazione ambientale e integrando anche questo approccio in maniera sistemica nelle operazioni di rigenerazione urbana e territoriale che vanno intraprese. La Regione Liguria deve sviluppare le politiche di sicurezza, attraverso una cabina di regia interistituzionale, in coerenza con il principio di sicurezza integrata in virtù del quale la sicurezza risulta dall’insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali nonché dagli altri soggetti istituzionali. La Regione Liguria dovrà sostenere il rafforzamento della prevenzione sociale nei confronti delle aree e dei soggetti a rischio di esposizione ad attività criminose con una nuova legge antimafia regionale; la formazione della polizia locale con particolare riguardo alla prima formazione (formazione dei neoassunti); progetti di sicurezza partecipata realizzati tramite i gruppi di vicinato, gli assistenti civici o i gruppi di cittadinanza attiva, con l’obiettivo di promuovere l’educazione alla convivenza, il rispetto della legalità, la mediazione dei conflitti, l’integrazione e l’inclusione sociale; la capillarità e la diffusione del servizio di polizia di prossimità. Sicurezza significa garantire che i luoghi di lavoro siano sicuri in tutte le possibili accezioni, perché sono il cuore di una concezione di sicurezza che parte dalla garanzia di poter esercitare sempre e senza rischi i propri diritti.

Non autosufficienza

L’integrazione sociosanitaria deve condurre a una presa in carico complessiva della persona, nel rispetto della multidimensionalità dei bisogni, specie se fragile o portatrice di disabilità. Affinché i Livelli Essenziali di Prestazioni sanitarie e sociali che la Regione, in collaborazione con le altre istituzioni, dovrà garantire siano equi e di qualità per tutte e tutti, sarà necessario investire nelle strutture territoriali, supportando comunità e famiglie nei carichi di cura. Sarà prioritario rafforzare le reti che rappresentano un welfare integrato: servizi 0-3 anni con abbattimento delle liste e tariffe calmierate, servizi sociali, i settori delle politiche abitative, i servizi domiciliari per anziani e non autosufficienti. Sarà fondamentale dare supporto ai caregiver familiari: orientamento, formazione, interventi di sollievo e di aiuto economico per pagare contributi previdenziali volontari, in specie per chi è costretto a lasciare o ridurre il proprio lavoro.

L’OMS ha promosso un cambiamento radicale definendo la disabilità come “la risultante di una relazione complessa tra condizioni di salute, fattori ambientali e personali”. Attorno a tale definizione la regione Liguria deve incentrare le proprie politiche, lavorando al potenziamento dell’inclusione, dell’autonomia, della vita indipendente del dopo di noi. Alla base di ogni percorso sta la presa in carico e il progetto di vita, il sostegno all’autonomia e la non istituzionalizzazione. È necessario pertanto sostenere e incentivare accessibilità e fruibilità degli ambienti, l’uso degli strumenti tecnologici e di comunicazione, finalizzati al miglioramento della qualità della vita della persona con disabilità, nel contesto abitativo, familiare, scolastico e favorire lo sviluppo di nuovi modelli di presa in carico, quali il budget di salute, che tengano conto di tutte le risorse disponibili. Occorre dare piena attuazione al Piano Nazionale per la Non Autosufficienza, con specifiche misure anche per il contrasto alle solitudini e alla deprivazione sociale, utilizzando le reti di socialità, di welfare diffuso, a partire dall’associazionismo che andrà coinvolto sempre di più nei progetti di cura della comunità. Altrettanto impegno dovrà essere profuso nel rafforzare i percorsi domiciliari offerti a famiglie di persone con gravissime disabilità, alle quali deve essere offerta assistenza rafforzata domiciliare L’investimento nel settore sociale non ha soltanto l’obiettivo imprescindibile di affrontare le marginalità prendendocene cura, ma riveste anche un ruolo cruciale nelle politiche di genere. In assenza di un sostegno adeguato al sociale, infatti, il peso della cura di anziani, bambini o persone non autosufficienti grava in modo sproporzionato sulle donne, perpetuando diseguaglianze di genere.

Relativamente alle situazioni di non autosufficienza, la Liguria dovrà ridurre i tempi, che nella nostra regione si registrano particolarmente lunghi, per l’esame delle pratiche di riconoscimento dell’invalidità civile e assegno di accompagnamento.

Terza età

Fatta salva la necessità di assicurare politiche pubbliche e prestazioni socio-sanitarie adeguate, la protezione degli anziani fragili può contare sul ruolo della rete del volontariato e della promozione sociale: l’impianto degli “Interventi di Comunità per Anziani” (trasporto protetto, compagnia domiciliare e telefonica, supporto per piccole commissioni) costituisce una modalità da consolidare, dando ad essi continuità e rafforzando il coordinamento tra tutti i soggetti in campo, istituzionali e di Terzo Settore. La Regione deve e può programmare correttamente e finanziare con continuità queste attività. Esiste in Liguria un sistema collaudato, che ha bisogno però di essere corretto in parte nel suo impianto, e soprattutto arricchito di risorse e di competenze e garantito nella sua continuità.

Il sistema può contare su una “Rete per l’invecchiamento attivo e la protezione degli anziani” , esito dei percorsi di co-progettazione tra Regione e Forum Ligure del Terzo Settore e dei Patti di Sussidiarietà che ne sono derivati. Il “nucleo” è formato dalle Associazioni che realizzano sia attività di protezione, sia attività di promozione dell’invecchiamento attivo; la rete comprende poi varie associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato che agiscono nei diversi ambiti della socializzazione, animazione culturale, movimento, ecc Sarà fondamentale impostare un programma pluriennale di investimenti sulle politiche a sostegno della terza età, che può realizzarsi unicamente censendo i reali bisogni della popolazione over 70, attraverso un’indagine condotta, con una regia pubblica regionale, dai Medici di Medicina Generale (dopo una corretta informativa), nelle farmacie, con gli assistenti sociali, con gli enti del terzo settore.

Dal punto di vista sanitario, sarà fondamentale implementare l’assistenza domiciliare agli anziani e l’esperienza delle case famiglia. Occorre tenere presente che, nella nostra Regione, i disturbi cognitivi interessano circa 40 mila persone e il trend è in crescita. Si tratta sovente di anziani, spesso soli e in difficoltà economica. La patologia è una delle cause di impoverimento economico delle famiglie. Ci impegneremo per superare lo stigma della demenza e far crescere la sua socializzazione andando oltre il solo ambito assistenziale e medicale. Sotto il profilo dell’organizzazione sanitaria in materia, procederemo all’istituzione di un numero verde per la demenza.

Ma l’approccio alla terza età non può e non deve essere unicamente quello “sanitarizzato”. Gli anziani sono una risorsa della società, che la politica può valorizzare attraverso reti di opportunità strutturate, anche nell’ottica di un nuovo patto intergenerazionale e di politiche di invecchiamento attivo: sviluppare nella città iniziative che sottraggano gli anziani all’isolamento, alla depressione che quasi sempre si accompagnano al decadimento psicofisico. La cittadinanza non ha età: per essere cittadini attivi occorre coltivare consapevolezza dei cambiamenti, adeguamento alle novità, fiducia nell’innovazione vissuta non come minaccia. Abbiamo l’ambizione di misurarci con la sfida di costruire un progetto di lungo periodo, la strutturazione di un “sistema” che coinvolga le diverse agenzie formative, dedicato all’educazione degli adulti, alla formazione lungo tutto l’arco della vita, finalizzata alla crescita di consapevolezza, disponibilità all’innovazione, superamento delle diseguaglianze nell’accesso al sapere: si tratta di interventi molto concreti per agire localmente anche su processi di dimensione globale. La Liguria può diventare un esempio di azione coordinata ed efficace per la crescita culturale di chi è uscito, prematuramente o no, per ragioni diverse, di età o di svantaggio sociale, dal sistema di istruzione formale.

Si potranno realizzare, inoltre, progetti di cohousing, con il sostegno a sistemi di cogestione/

condivisione di servizi sociali e culturali, ad esempio i “condomini solidali”. Si tratta di avere approcci diversi per chi è in affitto e ha problemi per la continuità del suo contratto di locazione, e per chi, la grande parte degli anziani, vive in casa di proprietà. Soprattutto per questi ultimi, piuttosto che proporsi di “portare gli anziani a vivere nei condomini solidali”, sarebbe utile “portare servizi solidali nei condomini dove già abitano”. Un caso specifico è costituito dall’edilizia residenziale pubblica, e dalla possibilità di utilizzare parte degli spazi ora sfitti (inutilizzati perché non adeguati) per i “servizi solidali” e le persone che se ne potrebbero occupare.

Inclusione e integrazione

La Regione può e deve avere un ruolo cruciale nel governare il fenomeno migratorio in modo efficace, garantendo il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone. Gli interventi di inclusione, accoglienza e integrazione rivolti ai migranti e alle comunità emarginate, con particolare attenzione alla lotta contro la povertà infantile, rappresentano priorità strategiche che devono essere garantite nel quadro del settennato 2021-2027 del Fondo Sociale Europeo Plus.

In questo contesto, lavoreremo con impegno e determinazione per utilizzare al meglio le risorse disponibili, promuovendo azioni concrete e mirate per affrontare le sfide legate all’accoglienza e all’integrazione. La nostra visione non si limita alla gestione di emergenze temporanee, ma si fonda sulla consapevolezza che l’immigrazione è un elemento permanente del tessuto sociale e deve essere affrontata con politiche che promuovano l’inclusione e la coesione sociale.

Per raggiungere questi obiettivi, ci impegniamo a contribuire alla realizzazione di progetti di sponsorship e corridoi umanitari, promossi dalle organizzazioni del terzo settore attive sul nostro territorio; finanziare progetti che promuovano l’accoglienza diffusa nei Comuni e l’inclusione socio-lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati; promuovere strumenti che favoriscano la piena partecipazione alla società per tutte le persone straniere che vivono e lavorano nella nostra Regione.

Istituiremo un tavolo regionale di coordinamento con gli enti locali e con il terzo settore per la programmazione delle politiche di accoglienza e di inclusione.

Solo attraverso una piena partecipazione possiamo costruire una società coesa, in cui ogni persona, indipendentemente dalla sua provenienza, abbia la possibilità di esprimere il proprio potenziale e contribuire al benessere comune.

Questi interventi sono parte di una visione di lungo termine, volta a creare una Liguria aperta, solidale e che riconosca nella pluralità una preziosa risorsa culturale, sociale, economica. Crediamo che, attraverso un impegno condiviso tra istituzioni, terzo settore e comunità locali, sia possibile costruire un modello di integrazione duraturo, fondato sulla coesione sociale.

Antimafia

La presenza delle organizzazioni mafiose in Liguria è un fatto acclarato: come dimostrato da ricerche, inchieste giornalistiche e sentenze, le mafie in Liguria sono una realtà, e tra le mafie un ruolo di primo piano spetta alla ‘ndrangheta. Mafie, quindi, presenti e radicate dall’estremo ponente al levante, senza soluzione di continuità, con attività che riguardano sia i traffici illegali (di stupefacenti, di merce di contrabbando, di rifiuti), sia l’infiltrazione nel tessuto economico regionale e nel ciclo della contrattazione pubblica. Un processo graduale e costante dovuto ad una molteplicità di fattori: la connotazione portuale; la particolare posizione geografica della nostra regione, al confine con le Regioni del Nord-Ovest e con la Costa Azzurra; un’economia dove il ruolo dell’industria è sempre più contenuto, con una centralità del commercio – specie quello marittimo – e di settori a bassa innovazione tecnologica (turismo e edilizia su tutti); la sottovalutazione del fenomeno durata molto a lungo, e terminata solo agli inizi dello scorso decennio; le convergenze di interessi maturate tra le mafie, e in particolare la ‘ndrangheta, e alcuni settori della politica e dell’imprenditoria. Accanto alle mafie, anche la presenza di reticoli corruttivi ha condizionato nel tempo lo sviluppo della Liguria, soprattutto investendo la pubblica amministrazione, sia nella componente politica, sia in quella amministrativa. Un tema, quello del contrasto alla presenza mafiosa – e al fenomeno corruttivo che ne è complemento – che deve necessariamente essere al centro dell’azione di governo di Regione Liguria. Così come la presenza dei beni confiscati dà la cifra di quanto siano radicate le mafie sul territorio, il loro riutilizzo sociale rappresenta il segno tangibile della vittoria dello Stato, perché a un tempo completa il lavoro delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, e restituisce alla cittadinanza spazi e risorse accumulati sulle spalle della collettività. Ad oggi sono oltre 460 i beni confiscati sul territorio ligure, con 41 Comuni coinvolti: di questi, una quota attorno al 35% è già stata destinata, quel che resta è ancora in gestione all’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati e, quindi, ancora lontana dall’obiettivo del riutilizzo sociale. Per questo occorre insistere sulla strada del sostegno ai Comuni, impegnandosi a finanziare gli interventi di recupero e rifunzionalizzazione dei beni confiscati, anche prevedendo un bando destinato agli enti gestori del terzo settore. Garantire trasparenza e legalità negli appalti pubblici è condizione imprescindibile per lo sviluppo economico. Per questo è importante regolare l’assegnazione degli appalti pubblici sulla qualità anziché sul principio del massimo ribasso, rafforzare il ruolo di Regione Liguria come centrale unica di committenza, garantire il rispetto dei contratti collettivi di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative e favorire confronti preventivi tra committente e organizzazioni sindacali sulla costruzione dell’impianto dell’appalto, dotando anche della corretta formazione il personale amministrativo che si trovi a gestire le procedure anche negli affidamenti di media entità.

Vi è inoltre la necessità di approfondire gli strumenti di co-progettazione e co-programmazione con il terzo settore, quali forme, non solo di qualità, ma anche di trasparenza nei processi di distribuzione delle risorse. È fondamentale costruire una proposta che garantisca regole chiare per l’esercizio delle funzioni di lobby all’interno della Regione. Inoltre, per poter costruire un rapporto differente tra le figure apicali della Regione e il sistema economico e produttivo, sarà fondamentale estendere alla giunta il divieto di Pantouflage, una previsione di incompatibilità con lo svolgimento di incarichi nel settore privato che possano entrare in conflitto di interessi con gli ambiti del mandato politico esercitato in precedenza, entro tre anni dalla conclusione del mandato stesso. Occorre recare particolare attenzione al settore del ciclo della gestione dei rifiuti che, anche in Liguria, rappresenta un segmento dell’economia di particolare interesse per le organizzazioni mafiose. In questo senso, risulta cruciale il ruolo di pianificazione della Regione e di controllo sulle certificazioni antimafia. Non può mancare l’impegno a intervenire su un settore che può rappresentare un terreno di conquista per le organizzazioni mafiose: il cosiddetto “gioco” d’azzardo. Intervenendo, anzitutto, dando finalmente attuazione alla legge n.17/2012 che regolamenta le distanze minime dei punti di accesso all’azzardo da luoghi sensibili. Il contenimento della ludopatia, dovrà essere tenuto in considerazione nella programmazione degli interventi socio-sanitari distrettuali. Il contrasto alle mafie, infine, non può prescindere da un lavoro di sensibilizzazione e crescita di consapevolezza che, a partire dai luoghi della conoscenza, possa avere ricadute sull’intera società. Sarà quindi necessario prevedere forme di sostegno alle iniziative delle agenzie educative, anche in collaborazione con le realtà del Terzo Settore, dando così piena attuazione al mandato della legge regionale n.7/2012.

Parità di genere, Diritti LGBTQIA+


Parità di genere

La promozione della parità di genere è un obiettivo strategico per il futuro della Regione Liguria, in linea con l’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 dell’ONU. Crediamo che una società prospera e giusta debba garantire la parità tra donne e uomini, integrando questo principio in ogni ambito delle politiche regionali. Ci impegniamo a promuovere pari opportunità in ogni settore, a cominciare dalla salute e dal lavoro attraverso chiari obiettivi strategici per una regione più equa e paritaria: Bilancio di genere (Gender Budgeting):

Introdurremo il bilancio di genere come strumento fondamentale per valutare l’impatto delle risorse pubbliche rispetto all’uguaglianza di genere. Questo approccio permetterà di analizzare le spese regionali in modo da orientarle verso la promozione della parità, in particolare nei settori dell’occupazione e dell’imprenditorialità femminile, del welfare e della lotta alla violenza di genere. Il bilancio di genere verrà redatto annualmente con il contributo di tutte le Direzioni regionali e degli attori locali, come le Aziende sanitarie e le istituzioni educative. Questo strumento garantirà una maggiore trasparenza e efficacia delle politiche di parità.

Commissione assembleare per la parità e i diritti delle persone: Istituiremo una Commissione permanente con il compito di valutare, ex ante, l’impatto di genere delle leggi regionali in materia di lavoro, sanità, welfare, educazione, cultura e altri ambiti chiave. La Commissione, composta da consigliere e consiglieri regionali, avrà anche il compito di elaborare una legge quadro per la parità di genere e contro le discriminazioni entro il primo anno di mandato, garantendo un impegno concreto e duraturo.

Tavolo Regionale Permanente per le Politiche di Genere (TRPG): Il TRPG sarà un organo consultivo e di coordinamento tra la Regione, gli enti locali, le associazioni attive sul territorio e il mondo del lavoro. Questo spazio di dialogo e confronto faciliterà la condivisione di buone pratiche e l’implementazione di politiche integrate per ridurre le disuguaglianze di genere.

Coinvolgerà rappresentanti delle istituzioni regionali e locali, organizzazioni sindacali, imprenditoriali e del terzo settore, per promuovere un’azione coordinata e incisiva su tutto il territorio della regione.

Nei primi mesi di mandato, ci impegniamo a: incrementare il Reddito di Libertà, utilizzando risorse regionali per sostenere le donne nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza di genere, offrendo strumenti concreti di supporto e indipendenza economica; rafforzare i fondi per i caregiver e aumentare il Fondo per la Non Autosufficienza, migliorando i servizi di assistenza e il supporto alle famiglie che si occupano di persone non autosufficienti; promuovere la formazione digitale, con programmi specifici per garantire che tutti i cittadini abbiano accesso alle competenze tecnologiche di base, fondamentali per una piena partecipazione alla società e al mondo del lavoro.

La nostra visione è quella di una Liguria in cui la parità di genere diventi una realtà concreta, non solo un principio enunciato. Una regione capace di garantire pari opportunità, migliorando la qualità della vita e il benessere collettivo, attraverso politiche efficaci, inclusive e sostenibili.

Diritti LGBTQIA+

Per il mandato 2024-2029, le politiche a sostegno delle persone LGBTQIA+ sono una priorità del programma della nostra coalizione. Dopo quasi dieci anni caratterizzati da un governo regionale apertamente discriminatorio è necessario invertire la rotta con azioni decise. In questa direzione, la prossima amministrazione della Regione Liguria si impegna a costituire strumenti per rafforzare la tutela dei diritti delle persone LGBTQIA+ e promuovere la parità di trattamento e la non discriminazione, nell’ottica della piena inclusione di tutte le persone, e della lotta alle discriminazioni fondate su sesso, identità di genere, orientamento sessuale, in linea con la strategia nazionale LGBT+ 2022-2025 del Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio e dell’UNAR.

Il passato governo della Regione Liguria non ha semplicemente dimenticato di tutelare la comunità LGBTQIA+, bensì ha agito attuando politiche apertamente discriminatorie. La Legge regionale 52/2009, aveva sancito l’istituzione di un Coordinamento Tecnico Regionale sulle discriminazioni sessuali, che prevedeva la partecipazione dei referenti dei dipartimenti regionali e delle associazioni maggiormente rappresentative nella tutela delle persone e dell’identità di genere. Il Coordinamento non è mai stato convocato, né le associazioni sono mai state interpellate. Dall’insediamento della coalizione di centro-destra, la Regione si è rifiutata di concedere il patrocinio non solo al Pride, ma anche alla giornata internazionale contro l’omobilesboatransfobia del 17 maggio. La passata amministrazione non ha mai tenuto conto, nei propri provvedimenti, delle famiglie omogenitoriali e/o costituite da persone single. Non c’è stata nessuna tutela per le persone trans e non binarie sia in materia di salute che di politiche scolastiche, di formazione e di accesso al mondo del lavoro.

Invertire questa rotta significa adottare con urgenza azioni concrete, le prime delle quali non possono che essere il pieno sostegno e il patrocinio regionale ai Pride e alla Giornata internazionale contro l’omobilesboatransfobia del 17 maggio, e l’approvazione di una legge regionale contro l’omobilesboatransfobia, mantenendo un dialogo costante con le associazioni presenti sul territorio.

Vi sono poi ambiti specifici particolarmente rilevanti dove intervenire con urgenza attraverso azioni mirate, in un’ottica intersezionale che questa coalizione considera essenziale, orientando le politiche regionali al benessere delle persone.

Sarà nostro obiettivo equiparare completamente le famiglie in ogni provvedimento e legge.

Declineremo le politiche in ambito familiare in modo che le famiglie omogenitoriali non subiscano nessuna limitazione nell’esercizio dei diritti spettanti in ambito familiare.

Sarà nostro compito monitorare l’accessibilità dei trattamenti finalizzati all’affermazione dell’identità di genere e promuovere buone prassi in sinergia con le associazioni interessate; rendere più accessibili le terapie ormonali e snellire le liste di attesa per l’accesso agli interventi di riassegnazione di genere; promulgare un atto normativo generale che disciplini la possibilità di ottenere una identità alias per l’accesso ai servizi sanitari di competenza regionale; attuare una formazione specifica degli operatori e delle operatici sanitarie sulle tematiche LGBTQIA+; prestare particolare attenzione alle malattie sessualmente trasmissibili, anche attraverso campagne di sensibilizzazione, evitando qualunque stigmatizzazione della popolazione LGBTQIA+; approvare una legge regionale che vieti le terapie riparative delle persone LGBTQIA; promuovere, in sinergia con il sistema scolastico regionale, momenti di riflessione, studio e formazione sulle discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere; avviare specifici percorsi di educazione/formazione all’affettività, alle relazioni e al rispetto delle differenze: introdurre e garantire, sempre in sinergia con il sistema scolastico regionale, l’identità alias per le persone trans e non binarie; approvare un regolamento che riconosca l’identità alias per tutti i dipendenti e le dipendenti regionali, al fine di garantire l’accesso a tutti i servizi senza alcuna discriminazione determinata dall’identità di genere; promuovere l’inclusività dell’ambiente di lavoro e l’empowerment delle persone LGBTQIA+ Sostenere le case famiglia e i centri e sportelli antidiscriminazione esistenti, così come promuovere l’apertura di nuovi centri o sportelli, in sinergia con le associazioni del territorio. Declineremo tutte le politiche sociali regionali relative a salute, formazione e lavoro con specifica consapevolezza LGBTQIA+.

Reti, Infrastrutture, Accessibilità, Mobilità, Trasporto pubblico locale
Aree interne, Linea di costa


In questi anni il tema delle infrastrutture è apparso tanto centrale e vitale per il futuro della Liguria, quanto inconcludente è risultata l’azione di governo. Il modello Genova è nato dalla necessità di ricostruire il Ponte Morandi e lì si è fermato. Allargando lo sguardo oltre, non si vede nulla che non fosse già immaginato, programmato e finanziato dal centrosinistra, tanto a livello nazionale quanto a livello regionale. In compenso il modello Genova ha portato con sé distorsioni nei processi decisionali, in diverse occasioni anche rilevati da diversi organismi di controllo, reiterati tentativi di silenziare le voci critiche e un sostanziale immobilismo anche rispetto a quelle opere che si trovavano ad un passo dall’avvio dei cantieri e rispetto alle quali da anni si attendono risposte operative. Le questioni relative a quali infrastrutture e a quale progettualità vengono sempre derubricate ad una battaglia, tanto ideologica quanto ipotetica, fra i sedicenti progressisti e l’immaginario fronte del no a tutto. Una logica da prendere o lasciare che per anni ha impedito lo sviluppo di una progettualità che tenga conto delle reali esigenze dei territori, delle persone, delle merci e della sostenibilità, economica ed ambientale, delle opere, grandi e piccole. Riteniamo, quindi, necessario rimettere al centro dell’iniziativa di governo a livello regionale una progettualità che sia in grado di scardinare un metodo che si è rivelato inefficace e pericoloso per gli elementi distorsivi che ha generato e di portare a compimento le opere necessarie per migliorare la mobilità di persone e merci, la qualità della vita dei cittadini e l’impatto ambientale sui territori. L’obiettivo è confermare le principali scelte infrastrutturali puntando ad attivare nel più breve tempo possibile i cantieri già finanziati, con una particolare attenzione a quelli che risultano maggiormente sostenibili dal punto di vista ambientale (es. Terzo Valico dei Giovi, raddoppio ferroviario a Ponente e linea Pontremolese).

La questione delle scelte infrastrutturali è fortemente correlata al ruolo che l’economia portuale e delle reti logistiche svolgono rispetto all’intero tessuto economico regionale. La Liguria ospita due sistemi portuali di rilievo internazionale, che, pur con caratteristiche differenti, rappresentano la porta di collegamento fondamentale tra il sistema produttivo del Nord Italia e il mercato globale In questo scenario è necessaria una pianificazione coordinata fra i due sistemi portuali con l’obiettivo di mitigare il rischio e possibilmente invertire la tendenza per cui i porti sono percepiti dalla cittadinanza come delle servitù, considerando anche il fatto che alcuni processi non controllabili a livello locale (globalizzazione, standardizzazione dei processi operativi, automazione, etc.) hanno modificato radicalmente l’equilibrio fra l’impiego di capitali (nella stragrande maggioranza dei casi provenienti da realtà imprenditoriali straniere), la creazione di occupazione e il crescente consumo del territorio, anche inteso in senso più ampio (es. dal punto di vista delle ricadute sulla qualità dell’aria o in termini di pressione sui livelli di congestione sulle infrastrutture di accessibilità). I porti, quindi, non possono essere governati come se fossero un semplice snodo di merci e persone, ma devono essere create le condizioni perché cresca la ricchezza effettivamente restituita al territorio, anche in vista di un miglioramento delle relazioni porto-città.

È quindi necessario:

● favorire l’insediamento e consolidamento delle attività maggiormente labour intensive, fra le quali la cantieristica e le riparazioni, che garantiscono anche occupazione di qualità;

● portare a compimento politiche ambientali stringenti, attraverso il completo equipaggiamento dei porti per il cold ironing;

● pensare ai porti nell’ottica dell’hub energetico, in grado non solo di movimentare e stoccare prodotti energetici, ma anche di produrla puntando sulla diversificazione delle fonti, dall’eolico alle blue energies (es. eolico offshore o produzione di idrogeno);

● favorire, dove ce ne siano le condizioni soprattutto in termini di spazio, l’insediamento di attività industriali che per la propria natura possano ottenere un vantaggio diretto dall’installare i propri impianti in area portuale (anche in contrapposizione al rischio che aree potenzialmente pregiate vengano destinate unicamente o prevalentemente alla funzione logistica, che è soggetta a crescenti pressioni verso l’automazione dei processi con un decrescente ricorso ad una manodopera non specializzata);

● procedere alla rapida attivazione delle ZLS di Genova e della Spezia con l’obiettivo di favorire l’insediamento di attività che siano in grado di ancorare una quota maggiore del valore prodotto dalle attività portuali. Sarà necessario individuare uno strumento di governance efficace e dotato delle risorse necessarie ad attirare gli investimenti, attraverso politiche innovative di marketing territoriale;

● creare un sistema di incentivazione del trasferimento della quota modale di trasporto terrestre correlato alle attività portuali dalla strada al ferro, che sia complementare e allo stesso tempo innovativo rispetto al Ferrobonus nazionale;

● inserire in maniera stabile le crociere in un contesto di politica regionale per il turismo, al fine di accrescere la spesa pro capite dei singoli clienti che scendono a terra;

● favorire il consolidarsi di condizioni per l’insediamento di attività di ricerca legate allo shipping, alla portualità e al mare in generale, attraverso forme di partnership fra pubblico e privato ed eventualmente la creazione di istituti pubblici sull’esempio delle fondazioni dei porti di Barcellona e Valencia.

La capacità di infrastrutturare un territorio passa dalla pianificazione regionale, che deve svolgere un ruolo di regia per favorire l’omogeneità e il coordinamento anche di alcune materie regolamentate dagli enti locali: ad esempio costruendo un Piano Regionale per l’installazione di impianti di radiocomunicazione ad alte frequenze, che contemperi l’esigenza della diffusione con quella di inquinamento acustico, coordinando i piani comunali per le antenne, onde evitare una regolamentazione estremamente parcellizzata e disomogenea.

Muovendo ad altre infrastrutture trasportistiche, l’Aeroporto di Genova, sui biglietti del quale grava un’addizionale regionale tra le più alte d’Italia, troppo marginalizzato per conseguire le necessarie economie di scala, non è al momento in grado di svolgere né un ruolo attrattivo per il turismo, né di andare incontro alle esigenze di mobilità dei cittadini e degli imprenditori liguri, già penalizzati da una rete autostradale fatiscente (peraltro caratterizzata da tariffe in crescita): non è pensabile che la regione risulti attrattiva per l’installazione di sedi locali di multinazionali o comunque di grandi players senza un aeroporto degno di questo nome. La Regione dovrà spingere per favorire uno sviluppo degli assetti proprietari dell’aeroporto che preveda la partecipazione (anche maggioritaria) al capitale di rischio di soci di mestiere, con consolidata esperienza nella gestione di questo tipo di infrastrutture, che abbiano l’incentivo a promuovere lo sviluppo dell’aeroporto.

Trasporto pubblico locale

Il trasporto pubblico locale necessita di risorse e investimenti. In primis, va affrontata la carenza strutturale di autisti, che è la risultante di salari non adeguati e della perdita di ruolo del mestiere stesso. Se si vuole rilanciare il trasporto pubblico locale si deve puntare sulla qualità e la qualità è data dalla capillarità, puntualità e professionalità del personale e dei mezzi. La Regione dovrà stanziare risorse aggiuntive dedicate a questo settore e dovrà farsi parte attiva nei confronti del Governo per ottenere una significativa implementazione del fondo nazionale trasporti.

La regione dovrà promuovere l’integrazione ferro-gomma, soprattutto nell’area urbana che va da Savona alla Città Metropolitana di Genova. È necessaria una riorganizzazione del trasporto pubblico regionale che punti sulla revisione del contratto di servizio con Trenitalia, sull’integrazione tra i sistemi di trasporto, investendo su trasporto sostenibile e sistemi di multi-sharing, mobilità elettrica, abbattimento delle barriere architettoniche fisiche o sensoriali.

La mobilità urbana e interurbana va radicalmente ripensata, sulla base di alcune linee fondamentali di intervento:

  1. Integrazione tariffaria e tariffe agevolate: anche grazie a una vera innovazione digitale si può avere un sistema unico di tariffa per tutti i vettori di TPL in Liguria, arrivando a legare la tariffa al servizio effettivamente utilizzato. In questo sistema sarà più facile ed efficiente identificare le categorie di persone che potranno usufruire anche di “tariffe zero” o fortemente agevolate, che dovranno essere improntate al sostegno dei soggetti più fragili, dei pendolari, degli studenti.
  2. Politiche urbanistiche e di pianificazione che favoriscano l’utilizzo del mezzo pubblico rispetto al trasporto privato.Lo switch del parco mezzi privato dal combustibile all’elettrico non risolve il problema della congestione: l’obiettivo è avere un trasporto pubblico e città così efficienti da diminuire la mobilità individuale.
  3. Pianificazione degli investimenti infrastrutturali nell’ottica dell’integrazione e della sostenibilità territoriale, partendo da analisi puntuali dei bisogni dei viaggiatori e del territorio.
  4. Realizzazione di un modello gestionale per il nodo ferroviario di Genova coerente con l’innovazione della rete. Questo comporta anche la previsione di acquisto di nuovo materiale rotabile adeguato alla metropolitanizzazione.
  5. Realizzazione di modelli di gestione delle infrastrutture e dei flussi di traffico che permettano di non sovrapporre le diverse tipologie di traffico (merci, passeggeri traghetti, e pendolari ad esempio).

Investiremo in Placemaker, figure professionali che aiutino a ridisegnare gli spazi collettivi insieme ai cittadini, e sosterremo progetti di “Città dei 15 minuti” , pensando a una Regione dove tutto ciò che serve è a meno di 45 minuti di distanza per chiunque e comunque si muova.

Aree interne

La distanza dai servizi sanitari, infrastrutturali, scolastici e universitari, genera un processo di costante marginalizzazione delle aree interne: calo della popolazione residente, riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio, offerta calante di servizi pubblici e privati. Il costo sociale di questo abbandono porta il nome del dissesto idrogeologico e del degrado del patrimonio culturale e paesaggistico. Ma l’entroterra presenta un grande potenziale di sviluppo socio-economico, che deriva dall’incredibile ricchezza e varietà delle risorse naturali e culturali che, opportunamente valorizzate, possono diventare fonte di uno sviluppo duraturo e improntato alla sostenibilità ambientale. In Liguria le aree interne sono costituite da n. 106 comuni, di cui 29 periferici e ultraperiferici. In esse vive il 9%

della popolazione, su una superficie territoriale che è oltre il 50% della superficie complessiva del territorio ligure.

Noi vogliamo scommettere sulle potenzialità delle aree interne, attraverso una programmazione degli investimenti su servizi e connessioni, ripartendo dalla “lettura policentrica del territorio italiano” dell’Accordo di Partenariato 2014-2020, da cui ha preso il via la Strategia Nazionale Aree interne, che sul nostro territorio è stata penalizzata da una scarsa attenzione dell’amministrazione regionale.

I nostri obiettivi sono chiari:

Rafforzare la struttura regionale che si occupa delle aree interne, in modo da garantire una regia alle strategie messe in atto e un’organica programmazione degli interventi.

Monitorare lo stato di attuazione delle strategie delle aree già selezionate e, dove necessario, individuare le cause di eventuali ritardi e dare nuovo impulso. In particolare, sarà obiettivo primario della Regione monitorare lo stato di attuazione della Banda Ultra Larga, che avrebbe dovuto concorrere alla attuazione delle strategie come infrastruttura essenziale per l’attivazione di una serie di servizi innovativi (es. telerefertazione e telemedicina, sperimentazioni di scuola a distanza come l’”Aula Agorà”) e per incentivare la permanenza sul territorio anche attraverso lo smartworking. I servizi innovativi attuati dalle strategie d’area in forma sperimentale (es. l’infermiere di famiglia e di comunità (IFEC), la telemedicina, il servizio di trasporto a chiamata, le sperimentazioni di scuola a distanza e di insegnamento dell’inglese con madrelingua) dovranno diventare servizi permanenti sul territorio, da estendere a tutte le aree periferiche e ultraperiferiche.

Tutti gli studi dimostrano che anche quando è risolto il problema della disponibilità di infrastrutture in banda larga ad alta velocità, lo sfruttamento positivo delle tecnologie digitali è legato alla capacità di sviluppare domanda e di sostenere cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni nel superamento del digital divide. Nei primi due ambiti sarà decisivo rafforzare la mission di Liguria Digitale come “incubatore di innovazione”, mentre nel secondo sarà fondamentale creare luoghi in cui l’educazione al web diventa inclusiva e non legata esclusivamente alle logiche di consumo.

Questa è una grande opportunità anche per riconnettere le generazioni, dove sono i più giovani a colmare il gap dei più anziani.

I servizi digitali devono essere semplici e accessibili anche in luoghi dove si può essere assistiti: questo permetterà anche di rigenerare spazi collettivi rendendoli multifunzionali: ad esempio, dove c’è una biblioteca ci possono essere sportelli digitali assistiti, studi medici interconnessi, ludoteche, corsi di formazione.

Incentivare la creazione in area interna di officine territoriali/municipali: spazi di co-working e messa a disposizione di servizi, solo spazi di lavoro raggiungibili a piedi o in bicicletta, sicuri, ben attrezzati e ben connessi, ma anche luoghi che devono diventare la sede di attività collettive di tipo culturale, aggregativo, di ricostruzione della comunità.

Rilanciare la messa a disposizione delle terre abbandonate: La legge “Banca della terra” della Regione Liguria, che era stata ai tempi all’avanguardia su questa tematica, ha trovato, allo stato attuale, un’attuazione estremamente limitata, anche a causa del limitato impegno di risorse, soprattutto in termini di personale dedicato, per la sua attuazione e necessita di un impulso per poter finalmente decollare.

Rafforzare la struttura regionale dell’autorità di gestione FEASR, al fine di accelerare l’accesso ai fondi per lo sviluppo dei territori, che concorrono all’attuazione delle strategie d’area.

Attivare sostegni alla residenzialità, attraverso Incentivi economici per acquisto e ristrutturazione dell’abitazione per chi prende la residenza in area interna o vi apre un’attività (vedi esempio Piemonte) e attraverso la ristrutturazione di beni di proprietà pubblica per concederli in uso a persone che vogliano prendere la residenza e/o aprire un’attività.

Linea di costa

La zona costiera della Liguria rappresenta un patrimonio inestimabile, non solo per la sua bellezza naturale, ma anche per la sua importanza economica, sociale e ambientale. Dobbiamo valorizzare la linea di costa, rispettarla, agevolarne la libera fruizione, difenderla dai fenomeni di erosione e dalle mareggiate.

Vogliamo far rispettare la Legge Regionale n. 2 del 2008, rendendola obbligatoria per garantire subito la quota del 40% di spiagge libere in tutti i comuni. Vogliamo traguardare un modello di utilizzo sempre più incentrato sulla libera balneazione, con strutture in concessione facilmente smontabili, che tutelino i diritti dei dipendenti e garantiscano un servizio di salvamento pubblico efficace.

Il litorale ligure è particolarmente esposto alle mareggiate, un problema aggravato dai cambiamenti climatici e dall’erosione costiera. Negli ultimi anni, questi fenomeni hanno causato danni ingenti alle infrastrutture e agli ecosistemi marini, spesso compromessi dall’urbanizzazione selvaggia che ha segnato il nostro territorio. È fondamentale agire per proteggere e valorizzare questa risorsa.

Per fare ciò, saranno necessarie la realizzazione di infrastrutture stabili atte a difendere il litorale e mitigare gli effetti delle mareggiate; l’installazione di barriere naturali o artificiali; il ripascimento delle spiagge e la riqualificazione delle aree costiere colpite dall’erosione.

Presteremo particolare attenzione alla regolamentazione del turismo estrattivo e ai fenomeni di overtourism, promuovendo pratiche turistiche responsabili che rispettino l’ambiente e le comunità locali.

Intendiamo inoltre sostenere la creazione di associazioni sportive dilettantistiche che collaborino con le istituzioni locali per la salvaguardia dell’ecosistema marino, favorendo attività di pulizia delle spiagge, monitoraggio della fauna marina e progetti di recupero ambientale.

Sosterremo anche un turismo che integri la blue economy, incentivando pratiche ecologiche e collaborando con le imprese locali per sviluppare un’economia blu che valorizzi le risorse marine.

Infine, istituiremo un tavolo per la programmazione e la coprogettazione ai sensi dell’art. 55 del Codice del Terzo Settore, coinvolgendo cittadini e associazioni nella gestione delle spiagge. Insieme, possiamo proteggere e valorizzare la nostra splendida zona costiera, garantendo un futuro sostenibile per le prossime generazioni.

Transizione energetica, Energie rinnovabili, Economia circolare
Gestione dei rifiuti, Tutela dell’ambiente, Valorizzazione del paesaggio


La sostenibilità rappresenta il fattore chiave dello sviluppo contemporaneo. Nel 2018 la Regione Liguria aveva definito una propria Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile, declinando gli obiettivi dell’Agenda 2030 a livello locale che si è rivelato un totale fallimento portando a un deterioramento negli anni degli indicatori chiave riguardanti povertà, acqua ed energia e il conseguente posizionamento della Liguria tra le ultime regioni del Nord e Centro Italia per quanto riguarda la sostenibilità.

A causa della mancanza di un’azione di promozione e incentivazione da parte della Regione, la quota di energie rinnovabili prodotte oggi in Liguria (7,2%) è inferiore a quella nazionale (19,0%) determinando così la necessità di importare energia prodotte in altre regioni. Queste pesanti servitù energetiche nel nostro territorio devono cessare in favore di maggiori investimenti sulle rinnovabili. Dopo il no al carbone che ha visto la chiusura delle linee nelle tre centrali liguri (Genova, Vado Ligure e La Spezia) deve chiudersi anche la fase del gas (abbiamo un residuo ancora molto impattante nella centrale di Vado Ligure) e dovrà dirsi no anche all’impianto di rigassificazione a Vado Ligure e all’ampliamento del sito di Panigaglia per il quale va prevista la dismissione.

Dobbiamo raddoppiare gli obiettivi di sviluppo delle energie rinnovabili per la nostra regione. Il livello di 1,1 GW è il target fissato del PNIEC per la Liguria, mentre 2,5 GW è un obiettivo più ambizioso che consentirebbe di mantenerci in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dall’UE. Inoltre, sarà necessario inserire un obiettivo sull’accumulo installato al 2030 per garantire la stabilità della rete e per poter stoccare tutta l’energia prodotta nei momenti di picco delle rinnovabili e poi distribuirla in rete nei momenti in cui la domanda è più alta.

Vogliamo inaugurare una transizione ecologica giusta ed efficace. È necessario aggiornare il Piano Energetico Regionale, ormai datato (2011), con obiettivi più ambiziosi: aumentare l’approvvigionamento da rinnovabili nel nostro territorio (+45%), ridurre i consumi finali di energia (-20%), diminuire le emissioni di CO2 e altri gas climalteranti (-55%) e migliorare l’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua potabile (+90%) entro il 2030. Per raggiungere questi obiettivi è necessario prevedere un insieme di azioni complementari che interessino tutto il territorio e coinvolgano tutti i settori in modo sinergico. Sul fronte costiero i porti possono giocare un ruolo importante in questo processo di transizione adoperandosi con politiche territoriali e ambientali più ambiziose per riscrivere completamente il mantra “global change, local pain” comunemente associato al ruolo dei porti per le città che li ospitano trasformandolo in “global change, local gain”.

Questo è possibile aprendo la possibilità ai porti liguri di divenire hub energetici e di farsi generatori di energia pulita per le città. E fondamentale inoltre accelerare il processo di elettrificazione delle banchine dei porti liguri per abbattere i consumi e l’inquinamento di aria e acque; Sul fronte urbano e territoriale, è necessario promuovere la creazione di comunità energetiche su tutta la Regione, con particolare attenzione alle aree soggette al rischio di povertà energetica e alle CER portuali ma anche ai centri urbani dove le stesse scuole possono diventare fulcro degli hub energetici; supportare la realizzazione di impianti eolici, promuovendo l’eolico off-shore e in particolare il minieolico; promuovere le cosiddette smart-grid (reti intelligenti); favorire la decarbonizzazione definanziando le opere che tendono a prolungare l’uso di fossili e inserendo nella pianificazione il “phase out” da tutte le fonti fossili.

In una regione fragile come la Liguria è assolutamente necessario investire sulla sicurezza ambientale, per invertire la tendenza fino ad oggi seguita e passare dal gestire frettolosamente l’emergenza a investire nella prevenzione. La Prevenzione ha molte declinazioni complementari, significa allocare maggiori risorse nella manutenzione dei corsi d’acqua, semplificare il regime della compensazione. Prevenzione significa creare politiche per la gestione dei boschi, visto che la nostra regione è la prima per superficie boscata in Italia, e per una agricoltura che torni a svolgere il ruolo di presidio del territorio mentre crea nuovo valore per il nostro entroterra. Lo si può fare attraverso meccanismi premiali e di incentivo, e riconoscendo a chi svolge tali attività una funzione di presidio sociale attivo del territorio. Prevenzione significa anche un notevole risparmio di risorse, dato che gli interventi post eventi alluvionali (somme urgenze, messe in sicurezza, recupero strade, etc …) hanno un costo triplicato.

Per mettere a sistema questi interventi la pianificazione del territorio deve essere aggiornata e dotarsi di strategie e di strumenti più lungimiranti, mirati e attenti alle effettive esigenze del territorio. Vogliamo sbloccare definitivamente la realizzazione del Piano Territoriale Regionale, evitando fenomeni di deregulation rispetto alle destinazioni urbanistiche del territorio, che bene erano state evidenziate nel Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico. A questo proposito si aggiunge quello dell’aggiornamento del Piano Paesaggistico Regionale ai sensi del decreto legislativo 42/2004, che diventa occasione per promuovere una significativa innovazione delle politiche del paesaggio, così come la Convenzione europea lo ha definito, e sostanziare un balzo in avanti rispetto all’inerzia attuale che ha relegato le questioni paesaggistiche a mere questioni vedutistiche. Noi crediamo che la tutela del paesaggio possa coniugarsi alla transizione ecologica e alla transizione energetica, crediamo che sia compatibile con una reindustrializzazione e un turismo sostenibili e con la creazione di nuovi posti di lavoro, poiché il paesaggio ligure è sempre stato il prodotto dal lavoro dei suoi abitanti. Intendiamo quindi creare un piano che rispecchi le esigenze della regione e la conducano fuori da una pesante impasse passatista e retrograda lavorando affinché il paesaggio non sia solo “vincolo” ma sia soprattutto “progetto”. In quest’ottica, la bonifica dei siti dismessi e il recupero delle aree abbandonate è una priorità per riorganizzare, riqualificare e restituire gli spazi urbani: a tal proposito, è necessario stabilire nuove forme di dialogo con la Marina Militare, soprattutto per quanto riguarda il territorio spezzino, affinché si inaugurino nuove sinergie territoriali capaci di creare lavoro e cultura, costruendo un tavolo permanente sul tema delle aree militari, che coinvolga istituzioni, cittadine e cittadini, associazioni e parti sociali.

Per garantire una transizione ecologica giusta e al servizio di tutti i cittadini, è fondamentale mettere in primo piano la tutela del nostro territorio. Va finalmente avviato il Parco Nazionale di Portofino, in forma più ampia rispetto a quello attuale, a partire dai Comuni che ne hanno chiesto di farne parte. Il nostro impegno prevede l’espansione delle aree protette terrestri di almeno il 30% entro il 2030 e la cessazione totale del consumo di suolo entro il 2040 con una legge regionale, che costituisce assoluta priorità nella nostra agenda, che coniughi l’azzeramento del consumo del suolo alla promozione efficace della rigenerazione urbana. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, ci impegneremo, da un lato, a integrare la rigenerazione urbana nella pianificazione, prevedendo la restituzione di spazi alla collettività, progetti di forestazione urbana e strategie di adattamento al cambiamento climatico, e dall’altro, garantendo quella tutela dei Parchi e delle aree protette

  • marine e terrestri – che è mancata in questi anni, lavorando per espandere l’area di quelle già esistenti e ripristinando gli ecosistemi, garantendo fondi per la manutenzione e ridando centralità ai parchi nelle strategie di sviluppo territoriale. Occorre creare incentivi specifici sul modello delle ZEA previste per parchi nazionali, anche per quanto riguarda i parchi regionali, legando la presenza di aree protette con un percorso di incentivi economici e sociali per generare lavoro, occupazione e sviluppo sostenibile nei territori, con specifiche misure incentivanti.

Economia circolare

La Liguria deve cogliere appieno la sfida dell’economia circolare, con una nuova legge regionale di sistema, per favorire la circolarità in tutte le politiche, dall’acqua ai rifiuti alle politiche di sviluppo: l’attuale Piano dei Rifiuti per il periodo 2026/2030 deve raggiungere obiettivi più ambiziosi: raggiungere un riciclo effettivo al 2030 e ridurre la discarica sotto il 10% al 2035, andando ad agire sui due problemi strutturali della regione quali il sistema di gestione arretrato (poca raccolta differenziata, troppa discarica, export di rifiuto tal quale ed organico) e costi altissimi (508€ a tonnellata su una media italiana di 385€ e 270 euro ad abitante su una media italiana di 192€). La destra in questi anni non ha minimamente risolto tali criticità, accumulando dal 2015 ad oggi, oltre 100 milioni di euro per il conferimento fuori regione, senza soluzioni impiantistiche e funzionali strategiche. A ciò si aggiunga la nascita di una nuova Agenzia, senza alcuna funzione reale (ARLIR), da superare immediatamente, per ripristinare modelli di governance democratici ed efficaci. La prima sfida riguarda l’innovazione degli impianti TMB e di riciclo esistenti, promuovendo impianti di prossimità sia per il compostaggio, che per i centri di raccolta, riciclo e riuso. Per il recupero energetico va potenziato questo sbocco dai TMB (per ridurre la discarica) ma va definita una strategia di area vasta con le regioni confinanti come prevista dal PNGR, non avendo i flussi di rifiuti combustibili liguri attesi al 2030 una dimensione compatibile con un la realizzazione di un impianto regionale efficiente e facilmente raggiungibile a costi ragionevoli.

Fondamentale è l’efficientamento dei costi che devono essere riportati nella media nazionale, grazie alle azioni del “Nuovo Piano regionale” (ATO, aree ottimali, efficientamento del sistema impiantistico, mercato) e alla attività di ARERA, per ottenere effetti positivi sulla TARI e la futura tariffa puntuale.

Genova è la seconda città italiana più costosa, per spesa media di una famiglia, con 492 euro a nucleo contro una media nazionale di 320. Un segnale evidente di inefficienza visto che la città ha una bassa raccolta differenziata e conferisce i rifiuti indifferenziati in discarica. Aumentare i ricavi delle raccolte differenziate aumentando la quantità raccolta (obiettivo del 72% media regionale) e aumentare la qualità della valorizzazione con impianti di territorio moderni e dislocati vicini ai bacini di raccolta che poi preparano il materiale separato per i grandi css nazionali. Lavorare sulla riduzione delle quantità tramite progetti di comunità.

Sarà fondamentale un piano regionale nel settore dei rifiuti urbani sempre più integrato con le politiche sull’energia e sull’acqua che consenta anche l’efficientamento dei costi che passa da una maggiore integrazione di scala e di scopo fra i diversi settori e i diversi operatori locali, in una logica industriale complessiva, che punti ad un’industria ligure sostenibile, forte e competitiva. La nostra regione dovrà muoversi nella direzione di una nuova strategia per la tutela delle acque, fatta di ammodernamento dell’impiantistica, di realizzazione dei nuovi impianti di depurazione (con particolare attenzione a quelle ipotesi ancora in avvio rispetto ai quali esistono criticità sia operative che di costi, sui quali intervenire), di azioni per il recupero delle acque depurate non solo limitate agli usi industriali, agricoli e con l’avvio di una strategia contro la siccità e per limitare la crisi idrica, a partire dal Roja, con la promozione della nascita di Consorzi Idrici, sul modello di quello Lunense.